PAPA, DIVORZIO, GUERRA
In coscienza

Il papa chiede in coscienza ad avvocati e giudici di non collaborare alle cause di divorzio. Va bene, se si tratta di contrastare la mentalità che riduce la coppia ad accoppiamenti superficiali e provvisori (ma proprio lì non c’è un matrimonio da salvare). Non va bene se si oppone a misericordioso rimedio di un fallimento doloroso.

Andrà meglio se, dopo tante giuste e forti parole contro la guerra, per la pace, il Papa tirerà le conseguenze pratiche, come per il divorzio, non rivolgendosi solo ai governi e alle cancellerie, ma chiedendo in coscienza ai soldati di non combattere le guerre, ai parlamentari di non deciderle, ai giornalisti e intellettuali di non giustificarle e celebrarle, agli studiosi di non ignorare i metodi di soluzione pacifica dei conflitti, agli industriali, tecnici e operai di non fabbricare la morte, ai commercianti e diplomatici di non venderla. Senza tutte queste collaborazioni, i governi non possono fare guerre, divorzi sanguinosi nel corpo vivo dell’umanità. Perché il Papa non ritira i cappellani militari che negli eserciti tranquillizzano le coscienze invece di inquietarle? Perché certi problemi riguardano le coscienze ed altri riguardano solo i governi? Gesù ha mandato i suoi discepoli, e soprattutto il suo Spirito, a parlare ai cuori o alle corti?

Non permetta il papa agli osservatori di poter dire: ecco, dopo il colpo al cerchio, c’era da aspettarsi il colpo alla botte.

e.p.


 
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