PRIORITÀ |
La sinistra che vorrei |
Vorrei in Italia una sinistra europea e “antiamericana”, nel senso di una sinistra impegnata a costruire un’Europa diversa dagli Usa e forte economicamente e politicamente. Non credo alle alternative al liberalismo: hanno tutte fallito e solo il modello europeo di interazione tra stato sociale e liberalismo ha speranze di sviluppo. Penso che sia inutile ed infantile opporsi al mercato ed alla globalizzazione, in quanto fenomeni di portata mondiale ai quali si potrebbe applicare lo stesso detto della democrazia («il peggiore sistema di governo, eccezion fatta per tutti gli altri»). Vorrei però una politica di sinistra impegnata a difendere alcuni concreti ideali, di cui elenco qui le mie priorità. Vorrei una politica della giustizia impegnata: a perseguire innanzitutto la certezza della pena più che la sua severità; a difendere l’indipendenza dei giudici; ad investire nelle strutture giudiziarie (sistemi informatici, aule per dibattimenti, salari per il personale); a finanziare sistemi alternativi di rieducazione (collari elettronici, comunità terapeutiche, lavori forzati socialmente utili). Se le risorse attuali non bastano, sono disposto a rinunciare ad altri servizi dello stato (per es. il finanziamento alla stampa indipendente). Vorrei una politica della scuola impegnata: a preservare l’indipendenza della scuola publica e contemporaneamente a misurarne l’efficacia; ad indirizzare i finanziamenti pubblici alla ricerca nelle sole università statali; a permettere che i finanziamenti privati siano liberi di sponsorizzare istituti o ricerche privati o pubblici in una logica normale di ricerca del profitto. Vorrei una politica della sanità impegnata a: tutelare il diritto di qualunque cittadino all’accesso alle cure mediche, pur preferendo un sistema “a rimborso” che meglio educa al valore del servizio che si riceve; a completare l’autonomia degli enti ospedalieri esigendo una gestione “privatistica”; a riservare i finanziamenti per la ricerca sanitaria ai soli enti ospedalieri ed istituti di ricerca pubblici, ed orientare la ricerca alla prevenzione delle malattie ed alla tutela della salute pubblica (in modo, ad es., da poter definitivamente proibire gli Ogm in conoscenza di causa). Se le risorse attuali non bastano, sono disposto a cercare economie in altri settori (ad es. privatizzando le televisioni di stato). Vorrei una politica delle pensioni impegnata: a cancellare definitivamente l’illusione che potremo presto smettere di lavorare (la pensione a cinquant’anni è stata la felice eccezione di cui ha goduto una sola generazione – quella dei nostri padri – in tutta la millenaria storia dell’umanità; e non ci sarà replica); a costruire un progetto di riduzione progressiva dell’attività lavorativa oltre la soglia dei 65 anni, con conseguente riduzione dello stipendio per gli anziani e creazione di posti di lavoro per i giovani. Se si cercano volontari per la sperimentazione sono disponibile. Vorrei una politica del lavoro impegnata: a facilitare l’incontro tra domanda e offerta, abolendo gli ormai anacronistici Uffici di Collocamento e controllando con audit professionali le agenzie dei privati; a favorire lo sviluppo delle imprese flessibilizzando il costo del lavoro e contemporaneamente facendo rispettare le regole della concorrenza, con zero tolleranza per il lavoro nero; a cambiare gli ammortizzatori sociali (tipo cassa integrazione) in più semplici e limitati sussidi (alla disoccupazione – di durata predefinita –, alla riconversione, alla riqualificazione) di cui si possa controllare implacabilmente la corretta applicazione, sia da parte dei datori di lavoro sia da parte dei disoccupati. Per esperienza ho constatato che in questo settore è molto più efficace uno stato che controlla di uno stato che sussidia, e costa molto meno. E per il resto si può aspettare la prossima legislatura. Posso assicurare però che è quanto basta per fare dell’Italia un paese degno di partecipare alla costruzione dell’Europa come alternativa agli Usa, che piacciono tanto a Berlusconi, ma in cui si vive decisamente peggio che da noi. Stefano Casadio |