PALESTINA – ISRAELE
Terra di profezia

Oggi, ancora una volta, la Palestina è terra di profezia.

Per Israele innanzitutto. Dopo quasi 2000 anni di diaspora, di persecuzioni, di ghettizzazioni, di pogrom, dopo un tentativo di annientamento, oggi Israele si trova ad una svolta cruciale della sua lunga storia. Deve scegliere se condividere la terra con i palestinesi o, come 3000 anni fa, tentare di riconquistare la Terra Promessa in cui adorare il Dio che lo ha scelto e costituito come popolo.

Per realizzare quest’ultimo obiettivo oggi, come narrato nell’epopea biblica, deve scacciare dalla loro terra i palestinesi, cioè far subire loro quello che ha subito lui in questi 2000 anni; e questo ora non lo può più fare con la buona coscienza con cui lo ha fatto la prima volta.

Si dibatte perciò nel dilemma: riconquistare la Terra Promessa ma perdere il suo spirito o salvare lo spirito rinunciando al possesso esclusivo della Terra Promessa.

Religione strumento di guerra.

Come Israele, anche i fedeli delle altre due religioni nate dall’incontro di Abramo con lo Spirito di Dio, i cristiani e l’islam si trovano di fronte ad una scelta decisiva.

Possono servirsi della religione con le sue pretese di assolutezza, verità, trascendenza come fattore di identificazione e diversificazione dagli altri popoli e arma per dare forza soprannaturale alle proprie ragioni e alla propria volontà di affermazione-sopraffazione.

Potrebbero invece, scossi dall’orrore che hanno intorno e dalla lucida visione del baratro in cui si stanno cacciando, trovare la forza per cambiare mentalità e farsi ispirare dalla religione parole e gesti d’amore reciproco.

Per spiegare quanto ho detto faccio tre esempi tratti dalla realtà della Palestina di oggi.

La seconda intifada è cominciata con la passeggiata di Sharon sulla spianata dove sorgeva il Tempio distrutto dai romani ed ora ci sono le moschee di Omar e Al Aqsa. A questa provocazione i palestinesi hanno reagito lanciando pietre contro di lui e successivamente contro gli ebrei che pregavano al muro del pianto.

Religione ispiratrice di pace.

Le cose sarebbero potute andare diversamente se le due parti si fossero lasciate ispirare dallo Spirito d’Amore di Dio che pure dicono di voler servire.

Nel vedere sulla spianata gli israeliani pieni di nostalgia per il Tempio perduto, di rabbia per le violenze subite nei secoli e di feroce volontà di ristabilire il vecchio Israele, i fedeli musulmani presenti avrebbero potuto andare loro incontro con spirito aperto e comprensivo per invitarli a pregare insieme a loro, ciascuno a suo modo, l’unico Dio, padre degli uni e degli altri.

E così anche gli israeliani, nell’entrare sulla spianata, consci di toccare un nervo scoperto dei palestinesi pieni di frustrazione paura e odio per chi col suo arrivo ha sconvolto il loro mondo, avrebbero potuto mostrarsi umili e comprensivi chiedendo il permesso di pregare insieme a loro, ciascuno a suo modo, l’unico Dio, padre degli uni e degli altri.

Il secondo fatto è avvenuto a Nazareth. I musulmani hanno deciso di costruire una moschea accanto alla chiesa cristiana che commemora l’annunciazione. I cristiani lo hanno considerato una «intollerabile provocazione» ed hanno chiesto alle autorità israeliane di vietare la costruzione. Gli israeliani, seguendo la loro politica, in un primo momento hanno lasciato fare, poi sono intervenuti e l’hanno bloccata.

E tutto questo proprio mentre ad Assisi i fedeli delle varie religioni si incontravano in segno di pace! Seguendo lo spirito di Assisi invece mi sarei aspettato che i cristiani di Nazareth avessero offerto con gioia il loro aiuto per la costruzione della moschea, i musulmani coinvolto i cristiani nella ricerca del posto migliore per edificarla e gli ebrei fatto del loro meglio per superare gli ostacoli.

Dio dell’amore.

Nella chiesa sorta nel luogo dove presumibilmente Gesù fu crocefisso per non tradire l’Amore di Dio, ogni confessione cristiana per le sue celebrazioni ha spazi e ore stabilite e non si può derogare.

Sarebbe bello ora leggere la buona notizia che in mezzo alla tragedia che travolge la Palestina, in segno di pace, ciascuna confessione mette a disposizione delle altre il proprio spazio, per pregare tutti insieme, ciascuno a suo modo, l’unico Dio e il suo figlio Gesù.

Questi sembrano ora discorsi assurdi o ingenui, ben lontani dalla terribile realtà palestinese, ma io credo che sia questa la testimonianza che il mondo attende dai fedeli nel Dio dell’Amore e della Vita. L’unica anche che può salvare la Palestina.

Angelo Papuzza


 
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