LETTERA APERTA
Un "consiglio" a Fassino

Caro Piero, volevo scriverti al momento della tua nomina. Ora colgo l’occasione. Se ti ricordi, quando eri segretario a Torino ti avevo proposto inutilmente una specie di “consiglio” di persone vicine e critiche, critiche ma vicine, al tuo partito. Ora lo farai, nazionale, un po’ per forza, dopo la sortita di Moretti. Egli ha interpretato moltissimi, e non solo intellettuali. Il senso della sua uscita è che dovete farvi consigliare, criticare, tallonare, ispirare da persone e movimenti esterni ai giochi politici e alla struttura del partito, ma che ne condividono i grandi fini, i valori ideali, e ne verificano continuamente, poi col voto, la capacità realizzativa. Senza questo elettorato di valore un partito non è nulla, anzi è pericoloso. Se un partito ascolta solo il proprio interno si autocontempla e si isterilisce, si infetta. Ci sono giudizi duri e veri di Simone Weil su questo fenomeno, in La prima radice.

Questa critica non sarebbe giusta se non riconoscesse tanti sforzi generosi, ma spesso è giusta, sia per i metodi prevalenti, sia per le storie personali di tanti dirigenti. Dovete sistematicamente ascoltare le forze morali, generose, altruiste, sociali, che ci sono davvero nella società e poi rispondere coi fatti e con la generosità personale stando nella politica istituzionale. La quale non è tutta la politica, ma solo la punta dell’iceberg. 

Riconosco di cuore che tanti di voi lavorano così, con grande dispendio personale. Ma tu sai bene che troppa parte dell’immagine ufficiale non è così, anche facendo la tara del brontolare comodo e pigro del cittadino disimpegnato.

In tutti gli ambienti che io conosco, e non sono pochi né da poco, fin quando il tuo partito sarà troppo rappresentato da tipi alla D’Alema susciterà un rifiuto profondo, al massimo un voto disgustato, disperato, per merito del Cavaliere del Peggio. Sono di questo genere tanti dei voti che avete avuto nonostante gli errori del governo di centro-sinistra: anzitutto l’imperdonabile errore di avere fatto due guerre che erano evitabili, se aveste conosciuto e ascoltato la cultura di pace, esistente, consistente ed elaborata, ma troppo scomoda per gli schemi di tutte le culture politiche sulla piazza, da destra a sinistra.

Quello che si dice di voi è che, con l’ultimo voto di guerra, avete voluto rendervi accettabili all’Imperatore per un futuro turno a governare. Non so se sia peggio pensare questo o pensare che foste convinti della guerra. Tanta gente, tanti che non vi votano, non accettano tali bassezze della politica: la guerra è sempre un crimine, queste ultime non meno, ma più che mai ingiustificabili.

Penso seriamente che la politica istituzionale crede di dirigere, ma in realtà è diretta; crede di essere primaria, ma è secondaria. Non solo perché oggi le decisioni sono prese nei luoghi arcani del Potere Globale senza nome né luogo né responsabilità, ma perché, specialmente e giustamente in democrazia, il potere dipende dal consenso. Se la società pensa e decide sbagliato, se è antropologicamente berlusconiana, come è oggi quasi mezza Italia, la politica le va dietro, pur di farsi consegnare il potere. Credo che la politica debba replicare alla società, anche educarla e guidarla; preoccuparsi meno del consenso e più della qualità della proposta. Che la tv di stato abbia scimmiottato le tv private, degradandosi; che sulla guerra abbiate deciso come le destre, questo è il culmine del fallimento profondo del centro e della sinistra italiani.

Ma si può sempre ricominciare. Non siamo al punto zero. Il tuo lavoro vale qualcosa. Ma il primo “politico” è ogni cittadino consapevole e attivo: chi pensa, chi si associa, chi lavora socialmente, chi educa, chi scrive, chi pensa agli altri, chi inventa e costruisce, chi fa dell’arte, tutti coloro che non si accontentano del presente, ma hanno la speranza e la volontà del meglio. Voi dovete ascoltare meglio questa società sana. Non fatevi ingannare dall’immagine del successo del Cavaliere Impresentabile. Battetelo sulla qualità umana – la sua è ignobile – e non sulle piccole manovre. Non disperate del popolo: l’umanità è fragile, ingannabile, corruttibile, ma ha risorse inesauribili di ripresa.

Ti faccio molti sinceri amichevoli fiduciosi e vigilanti auguri per il tuo importante incarico.

Enrico Peyretti

Torino, 9 febbraio


 
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