Editoriale
(Piano, piano, sottovoce, 
quasi un sussurro che va crescendo).

Non so e non lo voglio sapere.
Israeliano? Palestinese? Chi sono: non so.
Sono un grumo di paure e risentimenti.
Sono uno che deve morire e dare morte.
Uno che si alza il mattino
chiedendosi se arriverà a sera,
che bacia la sua ragazza
ogni volta per l’ultima volta.

(Urlato e soffocato ad un tempo come un grido 
trattenuto che diventa singhiozzo).

Sono un corpo imbottito di tritolo,
destinato ad esplodere
nell’abbraccio con l’altro.
Sono uno che vola in brandelli
in mezzo ad una folla di bambini,
di donne, di giovani, di vecchi,
per straziarli straziandosi:
chiodi, sangue, frammenti di carne e di ossa.
Immagine di un popolo fatto a pezzi
nelle sue case e nei suoi campi,
senz’alberi, senz’acqua,
senza altro da lasciare ai figli
che privazioni e odio. 
Sono una massa d’acciaio 
che sferraglia sulle strade,
un fuoco che scende dall’alto,
sfonda muri, ostruisce passaggi,
apre varchi nelle pareti di ospedale,
ha gli occhi sbarrati dell’intelligenza atterrita,
lo sguardo gelido della forza impazzita,
moltiplico i dolori del nascere e del morire,
colpisco tutto ciò che si muove,
urlo l’angoscia di uomini privi di sicurezza,
per cui di fronte è contro,
vicino è nemico, abitare è arroccarsi,
filo spinato il passato, il presente e il futuro.

(Ad alta voce, quindi, sempre più sotto tono).

Palestinese? Israeliano? Non so.
Chi sono: non lo voglio sapere.
Sono il bambino cui è impedito di vedere la luce,
fermo ad un posto di blocco,
nella pancia di una madre estenuata.
Sono la scolaretta ricamata di porpora
da una sventagliata di kalashnikov
sullo scuolabus di una colonia.
Sono il braccio disarticolato di Alì,
la gola squarciata di Mordechai,
il bacino spezzato di un vecchio
discendente di Abramo,
il petto sfondato e pulsante
delle figlie di Sara e di Agar.
Sono il rivolo di sangue
che sale alla spianata
del Tempio e delle Moschee,
ma che nessun Dio vuole accogliere
e che solo la pietà degli uomini
potrebbe riscattare,
riconoscendo come proprio.

(Quasi un sospiro, un soffio di vento,
il suono sottile del silenzio)

Non so chi sono
e non lo voglio sapere.
Sono la pietà degli uomini
che, dissanguata,
vien meno.

a.b.

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