STORICITÀ DEI VANGELI (1)
Tramonto o trasfigurazione?

La Pasqua è una festa antichissima che affonda nella notte dei tempi, ben prima sia dell’ebraismo sia ovviamente del cristianesimo. È la festa della primavera, della rinascita della vita dopo la pausa invernale, come testimonia tuttora il simbolo dell’uovo, principio di nascita e di rinascita; ogni vivente proviene da un uovo, grande o microscopico che sia: i moderni lo sanno bene, ma anche gli antichi, pur non conoscendo ad es. l’ovulo femminile, e pur non avendo quindi davanti agli occhi l’universalità della cosa, sulla base della semplice esperienza del mondo dei rettili, degli uccelli o di una semplice gallina, si rendevano conto dell’importanza dell’ovulazione.

Naturalmente la Pasqua era collegata strettamente al calendario, sia a quello solare (appunto l’inizio della primavera) sia a quello lunare (il primo plenilunio primaverile; la Pasqua cristiana infatti cade la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera). La stessa cosa vale più o meno del Capodanno, che nell’antica Roma cadeva il 1° marzo (all’incirca con l’inizio della primavera): basti pensare alle denominazioni ancora attuali dei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre, che sono rispettivamente il settimo, ottavo, nono, decimo mese solo se l’anno inizia a marzo (come anche luglio e agosto, prima di essere dedicati a Giulio Cesare e a Ottaviano Augusto, erano rispettivamente il Quintilis e il Sextilis, cioè il quinto e il sesto mese). Poi il Capodanno è passato al 1° gennaio, ma per sottolineare un’altra rinascita, quella della luce dopo le lunghe notti invernali: cominciando dal 21 dicembre, giorno del «solstizio» (solis statio, ossia la fermata del Sole che raggiunge il punto più basso sull’orizzonte, si “ferma”, e comincia a risalire), passando attraverso il 25 dicembre (il Natale piazzato nell’antica festa della rinascita del Sole invincibile, e non perché Gesù sia nato in tale giorno), per arrivare ai primi di gennaio in cui si nota in modo significativo l’allungamento delle giornate.

La Pasqua ebraica.

Ma la Pasqua, prima ebraica e poi cristiana, non si caratterizza tanto per il calendario stagionale quanto per gli avvenimenti storici avvenuti in tali occasioni: la liberazione dall’Egitto per gli Ebrei, la crocifissione, passione, morte e resurrezione di Gesù per i cristiani. Mentre però lo snodarsi degli eventi del processo, della condanna, della crocifissione e morte di Cristo sono dati sostanzialmente storici (i Vangeli certo non sono delle biografie della vita di Gesù ma nel quadruplice racconto della passione, pur con numerose aggiunte e digressioni di stampo teologico e simbolico, rasentano quasi la biografia), per quanto concerne invece l’uscita dall’Egitto le cose sono molto più intricate.

Facciamo ora una premessa esplicativa sul significato del titolo: portando all’estremo limite attuale il processo di demitizzazione e di secolarizzazione, e quindi interpretando simbolicamente ed esistenzialmente parecchi eventi, abbiamo a che fare con un tramonto, una fine del cristianesimo (e quindi non possiamo più ritenerci cristiani, almeno nel senso tradizionale), oppure abbiamo a che fare con una trasfigurazione, nel senso che possiamo ancora ritenerci cristiani, anche se molto moderni?

Detto in altre parole, nel processo di demitizzazione qual è la soglia-limite, il punto di di non-ritorno varcando il quale non possiamo più dirci cristiani (tramonto), e rimanendo al di qua di esso possiamo ancora dirci tali (trasfigurazione)? Prendiamo in considerazione le origini della Pasqua ebraica: se interpretiamo simbolicamente la decima, nonché ultima piaga d’Egitto (la morte in una stessa notte di tutti i primogeniti egiziani sia tra gli uomini che tra gli animali, e solo dei primogeniti, non degli altri figli), è tramonto o trasfigurazione del cristianesimo? Ricordiamo che la medesima operazione la si fa tranquillamente e senza problemi con Gn 3 (il serpente che parla), con l’episodio di Giona che sta tre giorni nel ventre del grosso pesce (il fatto che Gesù citi tale episodio in Mt 12, 40 per illustrare la sua morte, non gli conferisce automaticamente una patente di storicità), e con tanti altri piccoli episodietti che sarebbe assurdo intendere in senso real-veristico.

Riprendiamo per un momento il nostro assunto (abbondantemente spiegato negli articoli di teodicea degli ultimi due numeri del foglio, 289 e 290) che Dio non intervenga a livello molecolare-energetico nel decorso naturale del cosmo e della storia (prescindendo, o ad eccezione di Gesù); questa demitizzazione radicale è tramonto o trasfigurazione?

Se poi, coerentemente con tale tesi, comunque siano andate le cose, Dio non ha nulla a che fare né con la colonna di fuoco che tiene momentaneamente a bada l’esercito egiziano, né con l’aprirsi delle acque ad opera di Mosè (tradizione sacerdotale), né col prosciugamento delle medesime ad opera del vento (tradizione jahwista), né con l’annientamento delle armate egiziane nel Mar Rosso (rifiutando quindi la connotazione guerresca e violenta di Dio contenuta nel cantico di Es 15), è tramonto o trasfigurazione? Nella liturgia della veglia pasquale si sente terribilmente l’interferenza distruttiva tra una visione pasquale cristiana basata sull’amore e la nonviolenza e il martellante e ossessivo inneggiare al Dio degli eserciti, prode in guerra, che ha gettato in mare cavallo e cavaliere, ripetuto in maniera tambureggiante nelle letture dell’Esodo.

Demitizzare ed espellere tutta questa concezione guerresca, nonché ridurre ai minimi termini la storicità degli eventi è tramonto o trasfigurazione? E ancora, in altro contesto, interpretare simbolicamente la strage degli innocenti e la fuga in Egitto, è tramonto o trasfigurazione? Ricordiamo che, comunque sia, la strage degli innocenti sarebbe opera di un uomo, Erode il grande, mentre la decima piaga sarebbe opera di un Dio che uccide: quest’ultima è tremendamente più intrigante.

La Pasqua cristiana.

Venendo ai racconti evangelici della passione, se interpretiamo simbolicamente, ad es. Mt 27, 52s, in cui, subito dopo lo spirare di Gesù, i corpi dei santi e dei giusti risuscitano e (con una strana simultaneità) escono dai sepolcri dopo la resurrezione di Gesù, entrano nella città santa e «appaiono» a molti (oppure «sono visti» da molti), è tramonto o trasfigurazione? Ipotizziamo inoltre di demitizzare l’infiltrazione di una concezione dell’onnipotenza di Dio che non accetta lo smacco della crocifissione, ovvero le scene riassicuranti nella passione inserite tardivamente: «Credi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di 12 legioni di angeli?» (Mt 26, 53); in Lc 22, 51 Gesù guarisce (o riattacca) l’orecchio mozzato del servo del sommo sacerdote (negli altri vangeli c’è solo il taglio dell’orecchio ad opera di uno di quelli che stavano con Gesù, addirittura in Gv è lo stesso Simon Pietro); nel quarto vangelo, dopo aver sottolineato che Gesù conosceva tutto quello che gli doveva accadere (il Gesù giovanneo domina tutta la passione in maniera incredibile), in Gv 18, 6 al «Sono io» di Gesù tutti indietreggiano e cadono per terra (il massimo poi lo abbiamo, anche se in altro contesto, in Atti 5 con lo stramazzare a terra e lo spirare di Anania e Saffira). Se non accettiamo la presunta, possibile, eventuale esibizione di tale incontenibile stra-potere, è tramonto o trasfigurazione?

Per quanto poi concerne il Nt più in generale, supponiamo di accettare la triplice ripartizione dei cosiddetti “miracoli” di Gesù: ovvero le guarigioni (considerate sostanzialmente storiche dalla maggioranza degli esegeti, a parte qualche aggiunta o ampliamento), poi i cosiddetti miracoli della natura (tempesta sedata, camminare sulle acque, ecc., considerati non storici dalla stragrande maggioranza degli esegeti), quindi le resurrezioni operate da Gesù (grosso modo il 50% degli esegeti sono rispettivamente pro e contro la loro storicità, almeno esternamente, perché gli esegeti cattolici ad es., in particolare quelli più all’interno dell’istituzione, non si possono tanto permettere di interpretarle chiaramente in chiave simbolica, anche se forse lo pensano; in tal caso allora la percentuale si sposta decisamente a favore della non-storicità).

Se interpretiamo simbolicamente i miracoli della natura, è tramonto o trasfigurazione? Se interpretiamo simbolicamente la moltiplicazione dei pani e la trasformazione dell’acqua in vino a Cana (non è chiaro se vadano catalogati fra i miracoli della natura), è tramonto o trasfigurazione? Se interpretiamo simbolicamente la resurrezione di Lazzaro, è tramonto o trasfigurazione? Dedicheremo proprio a Lazzaro un approfondimento, nel prossimo numero.

Varie tappe.

La questione è molto delicata; schematizzando al massimo, siamo ormai nella 4° fase della demitizzazione, che possiamo denominare storico-ermeneutica. Forse è opportuno richiamare brevemente le prime tre.

1) È iniziata come demitizzazione geografica dei luoghi: l’inferno e i demoni non sono comunque sottoterra; e i cori angelici, i beati, il Paradiso non sono comunque tra il cielo della Luna fino a Saturno e all’Empireo. Dio non ha più una sede specifica.

Naturalmente tutto il Nuovo Testamento pensa sostanzialmente secondo il suddetto schema: inferno, inferi, Satana, diavolo, demoni sottoterra, mentre gli angeli (Arcangeli, Troni, Dominazioni, Potestà... ecc.) si trovano nella sfera celeste come intermediaria fra la terra e Dio, situato nel più alto dei cieli. Mi pare che oggi siamo tutti d’accordo che l’enunciato «Dio è in cielo» vada demitizzato e interpretato in chiave simbolico-metaforica; come pure che il demoniaco sia sottoterra (il mondo sotterraneo evoca le tenebre, quindi il male ecc.; il cielo evoca la bellezza, la grandezza, la trascendenza di Dio e così via).

2) La seconda, derivante dalla prima, è tutta copernicana (come già evidenziato nel n. 290): non c’è più alcuna influenza meccanico-energetica della sfera divina su quella celeste, né di quest’ultima su quella terrestre. È anche la fine dell’astrologia. Detta così, non suscita particolari obiezioni e la quasi totalità potrebbe ritenersi d’accordo. Ma chi va veramente fino in fondo, come la nostra tesi più volte ribadita e spiegata? Che cioè (a parte l’incarnazione del Verbo) non si dà alcuna azione di Dio nel mondo a livello molecolare-energetico. Non si dà alcuna influenza materiale del cosiddetto “soprannaturale” nel mondo degli uomini. Quanti sono d’accordo?

3) Brevemente, si tratta di interpretare in chiave simbolico-metaforica certe figure come Satana, il demonio o gli angeli. Tutti d’accordo?

Mauro Pedrazzoli

(continua)


 
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