IL FEROCE DOPOGUERRA (2) |
Mala tempora currebant |
Prosegue l’indagine, iniziata su il foglio 291, sul degrado morale del secondo dopoguerra, come risulta dai quotidiani dell’epoca. Le date che seguono si riferiscono a «La Stampa» o (se precedute da una G) alla «Gazzetta del Popolo». È ovvio che le notizie giornalistiche spesso non riflettono la realtà obiettiva. Ma è altrettanto ovvio che la scelta degli argomenti e il modo con cui vengono presentati possono essere uno specchio significativo della mentalità dell’epoca. “Segnorine” pacifiste. Il film La ciociara (tratto da un romanzo di Moravia) aveva tempo fa denunciato la violenza patita da molte donne da parte dei reparti marocchini inquadrati nell’esercito francese operante sul fronte italiano. Giova ricordare ancora quella tragedia: «Per quattro giorni le donne di Esperia subirono le violenze senza freno delle truppe di colore: dal 18 al 21 maggio 1944, braccate per la montagna. Non sfuggirono neppure molti uomini, fra i quali il vecchio parroco del paese, morto sotto l’oltraggio subìto. Le donne di Esperia “marocchinate” sono state settecento. Vi sono oggi a Esperia intere famiglie marcate a vita dal crimine. Dopo la violenza, sotto la quale alcune lasciarono subito la vita, è esploso il morbo a prolungare la tragedia. Trecento donne sono risultate subito infettate» (30-11-1946). Si ricorda ancora l’indignazione dei cittadini di Ancona nei confronti della prepotenza dei militari polacchi (6-7-1946) e gli atti di violen-za di un centinaio di soldati inglesi a Padova (12-12-1946). Tragica è la sorte di gruppi di italiani all’estero. Se sono note le vendette in Istria ed in Somalia, censurata è stata invece la strage di Rodi: «Duecento italiani sono stati trucidati e le ossa biancheggiano in fondo al burrone. Essi venivano attratti sul luogo col miraggio di imbarcarsi; qui venivano depredati, decapitati e gettati nel precipizio» (10-5-1947). Fortunatamente c’è anche un esempio di pacifica ed allegra convivenza. Un’operazione combinata di 200 agenti tra Military Police di Pisa e Carabinieri nella pineta di Tombolo porta alla cattura (ma quanti sono riusciti a fuggire?) di «tredici militari negri disertori, trentasette prigionieri di guerra tedeschi, evasi dai vicini campi di concentramento di San Rossore, quindici tra “sciuscià” e borsari neri e ventotto “segnorine” che convivevano nelle improvvisate capanne costruite nel folto della macchia dai disertori negri e dai tedeschi» (2-1-1947). Calvario a Bardonecchia, Palestina a Grugliasco. Il sindaco di Bardonecchia, allo scopo di fermare lo stillicidio di morti, di fatto assassinati dalle guide alpine, fa affiggere il seguente manifesto: «Anche se le guide compiono azione contraria alla legge, sappiano almeno compierla obbedendo a una legge del cuore, discernendo e accompagnando, cioè, soltanto quegli individui che appaiono chiaramente in condizioni fisiche tali da sopportare il grave disagio della traversata dei monti, scegliendo altresì condizioni di clima che non siano proibitive e non abbandonando i disgraziati emigranti a metà percorso» (10-11-1946). Sì, poiché capita anche che le guide abbandonino carovane di donne e bambini in alta montagna. «Sul colle della Roue è stato scoperto il cadavere di una giovane donna che stringeva ancora tra le sue braccia un bimbo di tre anni. Un’altra donna, partita dall’Italia con tre bambini, ne ha perduto uno in una tempesta di neve e un altro è deceduto all’ospedale di Grenoble, dove la poveretta è stata ricoverata in gravi condizioni. La donna ha dichiarato di avere veduto sulla strada il cadavere di una fanciulla di circa diciotto anni. Altri due cadaveri sono stati rinvenuti al colle della Rochet: quelli di una donna e di un ragazzo» (6-11-1946). E se ci sono molti italiani che, attraverso le Alpi occidentali, fuggono dalla loro patria, altrettanti extraitaliani tentano di entrare in Italia attraverso le Alpi centrali: «Ecco rovesciarsi da tutto l’arco alpino di torme di profughi e di randagi d’ogni paese. Le infiltrazioni sono state senza numero e, al confine con l’Austria, avvengono ancora. Nuclei di ebrei, ai quali vanno commisti senza controllo strani tipi di torbidi avventurieri, respinti ai posti di frontiera, ritentano di valicare il confine per vie secondarie. Scoperti si buttano a terra, si sbracciano, si disperano: “Sparateci” urlano e rifiutano di tornare indietro. I più vanno in campi di concentramento, ma vi sono quelli che riescono a raggiungere i centri urbani» (18-3-1948). Due campi di concentramento per ebrei sono situati a Grugliasco e Rivoli. «Sono povere creature, relitti umani, provengono dalla Germania, dalla Boemia, dall’Ungheria, dalla Francia, dalla Cecoslovacchia, dal Belgio e da molti altri Paesi. Si parlano ben ventisette lingue. A Grugliasco improvvisamente gli ebrei si sono ammutinati e le loro ire si sono rivolte contro il loro rabbino. Al grido di “impicchiamolo” i dimostranti si sono impadroniti di lui. Per salvare il disgraziato rabbino furono piazzate mitragliatrici in ogni angolo di cortile e all’imbocco dei viali e fu intimata la resa» (27-4-1946). In seguito all’attacco inglese alla nave Exodus (5 morti e 125 feriti) gli ebrei di Grugliasco e Rivoli rivolgono il seguente appello: «Non rinunceremo al diritto alla nostra terra e combatteremo fino a quando le porte della Palestina ci saranno aperte, poiché non abbiamo scelta: o vivere in Palestina o morire!» (24-7-1947). La Corte dei Miracoli. Nel crudele e misero dopoguerra trionfava l’Arte di Arrangiarsi e fiorivano i mestieri più strani. 1) I raccoglitori di cicche. In un cinematografo cittadino, dopo lo spettacolo, irrompe un branco di giovinastri. «Che volete?». «Raccogliere le cicche». «A comando del loro nerboruto capo frullano da ogni parte, raggiungono la galleria e qui si danno a raccogliere i resti delle sigarette» (18-9-1945). 2) I contrabbandieri di riso. I doganieri notano manciate di riso sulle rotaie sotto la galleria del Frejus, in corrispondenza di una delle bocche di aerazione. «Attraverso l’apertura i contrabbandieri calavano nella galleria sacchi di riso che venivano ritirati da complici che in quella si erano introdotti dall’imbocco di Modane. Il riso era comprato nel Vercellese. In cambio venivano importate pelli che erano vendute ad alto prezzo ad una casa torinese» (27-2-1947). 3) La mendicante clandestina. Un marito apprende con stupore che la moglie è stata arrestata per accattonaggio. La moglie gli confessa i suoi trascorsi: «Da ventidue anni, a tua insaputa, io chiedo l’elemosina. La bella casa, il pianoforte, la radio: dobbiamo tutto alla mia elemosina» (29-7-1948). 4) La stiratrice di banconote. In una casa, in via Ornato, c’è l’Albergo dei Poveri: gli ospiti sono quasi tutti mendicanti. Le banconote frutto del lavoro vengono da ognuno rovesciate su di un tavolo; «i biglietti sono spesso accartocciati e ridotti a palline che soltanto abili mani possono dispiegare. Questa incombenza ce l’ha una donna che pazientemente li rimette in ordine, li stira, ma li stira proprio a ferro caldo, e poi li suddivide a seconda del taglio» (17-8-1947). 5) Il croupier di campagna. Si diffonde la febbre del denaro facile, del gioco d’azzardo. I casinò rurali spuntano come funghi. A Bardonecchia (i guadagni delle guide vanno investiti); a Torre Pellice, capitale valdese; a Rivoli e Pianezza, a Pino e San Mauro: chi perde da una parte, prende la bici e ci prova nel paese vicino. Ma il ministro Romita, dopo aver esiliato il re, chiude anche questi luoghi di svago innocente (G 18-6-1946). 6) Il poliziotto inquisitore. Un funzionario di polizia, in un caffè di piazza Castello, sorprende un giovanotto che «bacia la sua bella come nei film. L’epilogo è stato quello che si poteva prevedere: un tocco sulla spalla al giovane, lui e lei accompagnati in questura, quindi lacrime della ragazza e il giovanotto per una notte al fresco dove, si crede, avrà avuto modo di calmare i suoi bollori» (G 26-1-1946). Dario Oitana |