DIBATTITO SULLA STORICITÀ DEI VANGELI
Favole teologiche?

Dopo la lettura degli articoli di Mauro Pedrazzoli (foglio 291 e 292) e la discussione che ne è seguita in redazione, ho bisogno di sapere. I vangeli testimoniano fatti, opere, o sono racconti esclusivamente simbolici? Sappiamo bene che ogni testimonianza, pur vera, è diversa, ed è elaborata dal ricordo.

Mi si dice: hai mai scritto un racconto? Sì, molti. Ma una cosa è un lavoro di fantasia, libera elaborazione di qualche dato o spunto di realtà; altra cosa un racconto di testimonianza, come vogliono essere i vangeli. Se io racconto la morte eccezionale (nei limiti naturali!) di mio nonno centenario, scrivo in modo del tutto diverso da quando invento una storia di fantasia. Per quanto arricchita letterariamente, la testimonianza di azioni compiute da un uomo talmente straordinario da essere creduto e proclamato messia, deve riferire fatti, non immaginazioni. Non dicono ciò che farà il messia che verrà, ma ciò che ha fatto costui, per cui devono testimoniarlo come messia venuto. Le parabole (racconti didascalici ma immaginari) non sono riferite con lo stesso valore di verità delle azioni di Gesù. La risurrezione di Lazzaro, la guarigione del cieco nato (un vero verbale giudiziario), sono fatti, o sono finzioni simboliche di ciò che Gesù fa a noi in quanto salvatore? Ma non lo hanno creduto salvatore in base a quei fatti? Se sono finzioni perché rivestirli di così tanta concretezza da farli credere fatti?

Testimoni o pubblicitari?

Questi testimoni diventerebbero pubblicitari ingannevoli, bugiardi, per dirla tutta. Oggi abbiamo la pubblicità commerciale che parla così, ed è costitutivamente bugiarda. Ma – fino ad un certo punto – c’è un codice d’intesa: io esagero, faccio un po’ di casino, tu guarda il mio prodotto. C’è questo codice nell’annuncio evangelico? Non mi pare, come non c’è in nessuna testimonianza sincera e veritiera. I vangeli non testimoniano solo il valore intuito della persona di Gesù (come io posso intuire la bontà di una persona, prima di poter testimoniare sue azioni buone), ma le sue opere-segni, oltre le sue parole. E il valore della persona di Gesù è testimoniato come dimostrato dalle sue opere-segni. Dentro e sotto i racconti evangelici c’è un nucleo vero di ipsissima opera, come ci sono gli ipsissima verba dentro i discorsi?

Fedro ci racconta del lupo e dell’agnello che parlano: è finzione animale di vere azioni umane. L’intesa tra narratore e ascoltatore è immediata anche per il lettore antico, senza il nostro razionalismo moderno: è falso che i due animali parlino così, è vero che gli uomini fanno così. I vangeli vogliono dire qualcosa di falso per dire altro di vero? Favole pedagogiche? Favole teologiche? Mi riesce più difficile pensare a questo trucco che alla possibilità dei miracoli: ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne possiamo pensare, e di quelle che noi critici ammettiamo possibili. I vangeli vogliono dirmi la verità su Gesù inventando particolari falsi, come la puzza di Lazzaro morto da quattro giorni? E particolari non da poco, dati come fondamento di quel potere straordinario di Gesù, sono inventati?

Crediamo e parliamo (in seconda persona, presente) al Gesù vivo dei vangeli, o ne parliamo (in terza persona, assente, al limite non reale) come di una splendida figura letteraria? Io gli parlo in seconda persona, e mi fa meno problema accogliere la verità concreta e sostanziale (dico nella sostanza, che non mi pare possa essere “tutt’altro” dalla lettera) dei racconti, che non la loro scarnificazione in allusioni indirettissime, per vie oblique, e alla fine devianti e ingannevoli. Anche se i miracoli mi interessano assai meno delle sue parole, e non ne sento il bisogno. 

Però ho bisogno di capire. Perché dovremmo pensare che le leggi fisiche siano immutabili e inviolabili? Le facoltà speciali di alcune persone (come il torinese Rol) violano le leggi fisiche. Si è dato il caso di levitazione dei corpi. Illusioni? Allucinazioni? Trucchi? Tutto è possibile, anche che sia vero. Sappiamo così poco, su tutto...

I risuscitati da Gesù, e lui stesso risorto, mangiano. Tutta pubblicità apostolica tranquillamente falsa? Tutto e solo linguaggio simbolico?

Che alcuni non fossero davvero morti, ma sembrassero tali (la bambina di dodici anni forse era anoressica, sfinita come morta?), ammettiamolo. Ma tutti? Ritorna la faccenda della puzza di Lazzaro. Ammettiamo che sia detto solo come un timore di Marta e che Lazzaro, date le nozioni di quel tempo, fosse creduto morto mentre era in coma, morte apparente. Ma che tutta la storia sia solo una parabola? Tutto cine di Giovanni, che giura di avere visto bene, ma fa il ministro della propaganda alla maniara di Berlusconi?

Kant, nella sua opera sulla religione, ha questa intuizione: se noi obbedissimo perfettamente alla legge morale, la natura obbedirebbe alla nostra volontà. Non è il caso di Gesù?

Con tutto ciò, sono molto d’accordo nel tenere grandi distanze dal miracolismo, dall’apologetica fondata sui miracoli, dalla gara a fare e a riconoscere miracoli per diventare o fabbricare santi da gloria del Bernini. Gesù – lo sappiamo – non è stato affatto un esibizionista del miracolo, anzi lo ha negato ai curiosi e (per lo più, non sempre) ai senza fede. La fede non poggia sui miracoli. Ma neppure vedo la necessità di negarli e di spiegarli come invenzioni, che mi sembrano disoneste, in testimoni ai quali crederemmo per il messaggio morale nonostante la loro disonestà sul fatto fisico. Ciò non toglie che ci siano amplificazioni dei racconti, come facciamo tutti per sottolineare – non inventare dal nulla – aspetti importanti e significativi di ciò che testimoniamo. Anzi, proprio la confusione di certi racconti potrebbe dimostrare la loro veridicità. Chi inventa, inventa con molta attenzione, più di chi racconta con emozione.

Tra letteralismo acritico e scientismo ultimo arrivato che falsifica la lettera, ci sarà una via equilibrata, saggia, giusta?

Enrico Peyretti


 
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