60 ANNI FA
El Alamein

La guerra in Africa voluta da Mussolini fu criminale, senza possibile dubbio. Quell’uomo violento fu dittatore e traditore della nostra Italia, mandante dell’assassinio di tanti italiani e di tanti altri esseri umani aggrediti da noi italiani.

Gli italiani che combatterono e morirono in quella guerra furono, in tanti casi, in buona fede, ma uccidevano e morivano per una causa barbara e omicida, indegna del sacrificio di una sola vita umana. Erano in buona fede perché erano ingannati, perché non trovarono maestri adeguati, pochi e impediti sotto la dittatura fascista.

Chi combatté e morì con coraggio in quella guerra, anche in battaglie come El Alamein, sprecava la forza del suo animo e del suo corpo, perché regalava la sua vita all’ingiustizia. I più non lo sapevano, ma questo è ciò che in realtà facevano. Noi lo sappiamo. Credevano di morire per l’Italia, ma morivano per chi uccideva l’Italia, che non erano tanto i «nemici» di quel momento, quanto Mussolini e tutti i fascisti suoi complici. Gli eroi da onorare oggi sono coloro che videro chiaro e disobbedirono al comando omicida. Ce ne furono, persino sotto il Reich.

A El Alamein, dove – dicono i giornali – durante la celebrazione dell’anniversario erano presenti sul palco anche alcuni reduci, coi capelli bianchi, il fez e il gagliardetto decorati dal fascio, le cose da dire erano queste: compiangiamo chi morì trascinato per inganno in un crimine, rispettiamo la sua coscienza ingannata ed erronea, ma soprattutto giudichiamo l’inganno e il crimine, per la nostra istruzione odierna. Il presidente Ciampi avrebbe dovuto dire queste modeste, irrinunciabili verità.

e.p.


 
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