UNA PROVOCAZIONE E LE RISPOSTE / 1 |
Basta con la violenza biblica |
Un bel giorno, nella quotidiana lettura della Bibbia, arrivai ad un punto di esasperazione. Stavo leggendo i Giudici. Chiusi la Bibbia e scrissi di getto ad alcuni amici, che so sensibili ai problemi spirituali, per dire che più leggo i libri della conquista, delle guerre (e per grazia di Dio andò perduto un libro delle «guerre di Dio»!), delle lotte di palazzo, e più li detesto, li rifiuto, non vi trovo nessuna parola di Dio. Conosco le risposte apologetiche, le spiegazioni ragionevolissime, e non mi bastano più. Non c’è bisogno della Bibbia per sapere di queste brutte cose. Ma il peggio è che la Bibbia mi presenta questi orrori non come fatti umani, ma come azioni di Dio nel suo popolo, e questo mi fa male. Se leggerò ancora molto quei libri – scrivevo – finirò per disprezzare l’ebraismo che li ha prodotti e trasmessi, e questo non lo voglio. Farò una selezione, non importa se ciò è lecito e corretto oppure no. Terrò cari i libri della sapienza, delle leggi per la vita cancellando le leggi di morte, i libri dei profeti di salvezza e speranza, dell’amore universale, chiudendo i libri nazionalisti e di teologia guerriera. Solo questa selezione continuerò a leggere come alimento dello spirito e occasione per la preghiera. Le pagine violente, quando le incontrerò, mi serviranno solo per documentare ciò che sto dicendo, e del resto già da molto tempo, combattendo il disgusto, le uso per fare schede sulla Bibbia violenta. Un solo minimo ultimo esempio: Davide come il Faraone. Al popolo di Rabbà, città occupata e depredata, e a tutti gli Ammoniti, il re David fa esattamente ciò che il Faraone aveva fatto ai figli d’Israele: impone il lavoro massacrante dei mattoni (2 Samuele 12,31 e Esodo 1,14 e 5,7). Pregherò, come ho sempre fatto dalla prima giovinezza, i salmi. Ma alcuni salmi sono violenti, altri sono un «Te Deum per la vittoria», e dunque non sono preghiera ma bestemmia, come mostrò bene non un papa, non un vescovo, non un monaco, non un teologo, ma Kant, pio filosofo, in una nota magistrale del suo Per la pace perpetua. Anche Victor Hugo, mezzo scomunicato, inveì contro l’arcivescovo di Parigi per il Te Deum dopo il colpo di stato di Napoleone III. Non è possibile pregare coi salmi della vittoria militare. Anche qui, si deve tagliare. Conosco bene tutte le discussioni a questo riguardo. Saranno storia e letteratura, ma non sono preghiera. Amen. Selezionare è doveroso Continuerò a leggere la Bibbia così selezionata, non il resto, per la salute della mia anima e per il rispetto di Dio e della sua storia con l’umanità, che non può essere bestemmiata facendo lui complice benedicente o mandante dei nostri omicidi. Il Gott mit uns è la massima idolatria, in qualunque lingua sia detto. Mi si dirà che anche nei vangeli ci sono immagini dure e annunci di inferno. Infatti, io non credo nell’inferno. O c’è Dio o c’è l’inferno. Beh, l’inferno c’è, ma è questo mondo governato – con la complicità democratica della minoranza ricca e le pene infernali imposte alla maggioranza impoverita – dai potenti criminali, gli unici veri diavoli, ogni giorno in tv a terrorizzarci e chiedere adorazione. Se le religioni non maledicono questo inferno, ne sono parte esse stesse, come diavoli. E sono senza Dio. Dio infatti è colui che dall’inferno ci trae fuori – lungi dal mandarci qualcuno – e vuole cambiare questo mondo cambiandoci il cuore e lo sguardo. Egli, al momento della (sempre tardiva) morte dei potenti, brucerà la loro superbia e delitti, facendoli sbalordire, tremare e ardere come grattacieli polverizzati (quando capiremo il segno che ci è stato dato, di «apocalissi» che non significa distruzione ma rivelazione?), e dalle loro ceneri puzzolenti farà uscire piccole anime umiliate e così risanate e salvate, e abbraccerà anche loro, perché questa è la giustizia di Dio, a differenza della nostra. Li abbraccerà insieme a noi e a tutte le loro infinite schiere di vittime; a noi già oggi salvati in speranza, grazie alla povertà e debolezza, grazie alla irresistibile coscienza che Dio ci dà del male e del bene, lieti fin d’ora di vivere e morire da peccatori perdonati. Allora noi che ci crediamo buoni impareremo ad amare i nemici, che è l’unico amore intero; e non tanto i nostri piccolissimi nemici personali o di gruppo, quanto i nemici dell’umanità e di Dio, i tiranni e imperatori di ieri e di oggi, e gli aspiranti (ridicoli ma pessimi) tirannelli e vassalli di imperatori, eletti democraticamente da popoli narcotizzati. La dissociazione morale dalla Bibbia violenta è, in questi anni, divenuta necessaria anche per scacciare quell’ombra brutta che la politica dello Stato di Israele getta sulla grandezza dell’ebraismo, producendo grave confusione e danno nella vita spirituale complessiva dell’umanità, nonostante lo sforzo duro ed onesto che, insieme, una parte di cristiani ed ebrei, ed anche musulmani, facciamo per dissociare tale politica violenta dalla religione ebraica. Questa dissociazione è doverosa per difendere l’ebraismo da chi, in nome di quella violenza biblica, oggi fa politica violenta. Perciò, parlare di antisemitismo (nel senso di antiebraismo) a questo riguardo sarebbe sciocchezza e fraintendimento. Il criterio è la pace Sono ormai convinto che (come ho scritto più d’una volta) l’etica dell’unità umana, cioè del valore inviolabile dell’umanità riconosciuta e venerata in ogni altro essere umano, giudica tutte le culture, le filosofie, le religioni, le politiche, le economie. Tutte le vie umane sono giudicate dall’etica di pace nonviolenta, cioè dal «rispetto della vita» (Albert Schweitzer). È dunque possibile, secondo l’esperienza fatta da ciascuno, che questa etica porti a rifiutare o a riformare ogni cultura e ogni religione – anche la propria, nella quale si respira lo Spirito – della quale si siano constatati gravi tradimenti, errori, sordità, ritardi su questo punto primario. Nessuno può uccidere in nome di Dio. Lo dice anche il Papa. Neppure Dio può uccidere, se è vero che lo vieta a noi e che è signore della vita. È questa la rivelazione data al nostro tempo di guerra imperante e di pace fermentante. Gli scrittori dei libri biblici di guerra pensavano che Dio ordinasse di uccidere. Dunque, i loro libri non possono essere ispirati. Tra i tanti errori teologici compiuti nella storia dai cercatori di Dio, compresi i più sinceri, c’è anche questo. Altri errori li stiamo compiendo oggi, li sto compiendo io. Altri ci correggerà. Ma io non posso oggi accettare come buono ciò che mi risulta evidentemente cattivo. Il nostro culto non è per la Bibbia, ma per la verità, via via che la intravediamo. Non le religioni dettano un’etica, ma l’etica originaria (anche se tardivamente compresa) della pace giudica tutte le nostre religioni, tanto ciò che fanno oggi, quanto ciò che hanno fatto ieri, e giudica il modo in cui raccontano la loro storia. Se fanno vanto di ciò di cui devono pentirsi, esse sono condannate. Senza l’etica della pace, le religioni non possono difendersi da chi le usa per coprire scopi di potere violento. Tanto spesso hanno creduto che i loro peggiori nemici fossero i loro protettori. È la pace che difende le religioni, mentre le giudica. Nessuno è senza peccato. Tutti abbiamo molto da rifiutare. Tra le letture critiche delle scritture sacre sarà almeno lecita – ma io credo doverosa e urgente – la lettura critica pacifista nonviolenta, perché oggi il mondo può salvarsi solo per questa via. Se le scritture non ci dicono questo, o se contraddicono questo, non ci servono per vivere, sono «umane, troppo umane». Ho parlato di «rifiuto». Me ne rendo conto. Ma, come nei comandamenti di Dio a Mosè, questo genere di rifiuto è una scelta positiva, una via aperta. Enrico Peyretti Nel prossimo numero riporterò in sintesi una dozzina di risposte a questa lettera. |