IN DIALOGO
Cari amici musulmani...

Di islam si parla molto, anche in modo fuorviante: non esiste un solo islam e soprattutto non è vero che l’islam sia tutto fondamentalista o, peggio, terrorista. È la seconda religione presente nel nostro paese dopo il cattolicesimo (circa 700.000 musulmani, di cui 30.000 italiani convertiti) e bisogna sottrarre il discorso ai luoghi comuni. Una migliore e più attenta conoscenza è un passo in avanti per una convivenza serena. Il dialogo non è facile, per molti motivi, anche per le divisioni all’interno del mondo musulmano, e di quello cristiano. Le differenze esistono e non vanno sottovalutate. Il dialogo non deve essere un abbraccio superficiale. Bisogna superare sia le diffidenze sia il desiderio di facili appiattimenti.

Alla fine del Ramadan venerdì 29 novembre in molte città d’Italia si sono perciò svolti incontri cristiano-islamici, secondo la proposta di Brunetto Salvarani e altri – annunciata anche dal foglio nel numero scorso – di istituire una giornata annuale del dialogo cristiano-islamico sul modello di quello ebraico-cristiano. 

A Torino abbiamo ascoltato in un centro culturale arabo, Dar al Hikma, l’intervento di Maria Adele Roggero (che riportiamo integralmente), che da anni lavora nel «Laboratorio Islam Conoscere per Dialogare» del Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) torinese, seguita da Abdelaziz Khounati, presidente dell’Istituto islamico di corso Giulio Cesare. Lungo e vivace il dibattito. Del clero torinese c’era solo un parroco, a titolo personale; era presente pure il pastore valdese Platone.
 

Cari amici musulmani, iniziamo questa sera un’esperienza di incontro, confronto e dialogo fra cristiani e musulmani che vivono a Torino. Ci sentiamo uniti ai tanti gruppi che hanno aderito alla giornata di dialogo cristiano-islamico e che in questo momento in molte città d’Italia stanno realizzando iniziative analoghe alla nostra.

Si tratta di una prima significativa occasione per iniziare a conoscerci meglio e a rafforzare quei legami di amicizia e collaborazione che già esistono fra alcuni di noi ma che ci auguriamo diventino una consuetudine di incontro e di condivisione per un numero sempre più allargato di persone.

Questo nostro scambio non sarà fra sistemi culturali o tra religioni in senso astratto. Sono le persone che dialogano non le religioni. Vi parlo quindi a nome dei cristiani del Gruppo «Insieme per la pace» e mi rivolgo a voi musulmani presenti qui questa sera non tanto come a rappresentanti del mondo islamico, ma come a persone credenti che cercano di essere testimoni della propria fede. Un dato comune è proprio quello di essere «uomini e donne di fede» che vogliono affidarsi a valori che ci superano, che sono più grandi di noi, e che riteniamo di dover vivere.

Purtroppo il clima che viviamo esaspera, anche attraverso diffuse operazioni mediatiche, una mentalità di conflitto e scontro tra culture e religioni. Ma noi vorremmo reagire e impegnarci tutti nello sforzo di mantenere un’atmosfera di incontro tra persone nel rispetto della storia e delle convinzioni individuali di ognuno e vorremmo anche che si evitassero quelle generalizzazioni e quegli stereotipi che troppo spesso contribuiscono ad erigere muri invalicabili, che impediscono a priori qualsiasi forma di comunicazione e di ascolto reciproco.

Ci piacerebbe poter stabilire uno scambio tra di noi, che non ha lo scopo di portare a delle conclusioni comuni, ma quello di ascoltarci reciprocamente con attenzione, per arrivare a percepire l’esperienza dell’altro come realmente è, non come pensiamo che sia. Vorremmo offrirci – ripeto, reciprocamente – la testimonianza di ciò che Dio opera nel cuore di ognuno di noi. Questo ascolto reciproco ci sembra estremamente importante perché è la premessa per rendere più chiaro a noi stessi e agli altri gli atteggiamenti che la sottomissione a Dio e ai suoi insegnamenti ci detta, le difficoltà che incontriamo a vivere lo nostra fede in una società che sembra avere dimenticato il nome di Dio, i valori morali che vogliamo coltivare nella nostra vita individuale, familiare, sociale, le responsabilità educative verso i nostri figli.

Un cammino di incontro non è un percorso asfaltato, ma un sentiero sul quale facilmente si inciampa. La prima condizione è quella di rispettare l’altro nella sua differenza, ma per poterlo fare dobbiamo innanzi tutto provare interesse per le convinzioni degli altri anche quando ci sono religiosamente e culturalmente lontane.

In uno spirito di lealtà e di chiarezza ci sembra bene esprimere quegli atteggiamenti e valori che riteniamo fondamentali per un cammino insieme:

Depurarci da ogni sentimento di superiorità nei confronti dell’altro. Chiunque vive in profondità la propria adesione di fede non può che essere sinceramente convinto della grandezza della propria religione e desidera testimoniarla con entusiasmo. Ma siamo anche convinti che l’ascolto umile e attento di ogni altra esperienza religiosa ci permetterà di arricchire e purificare la nostra stessa fede.

Essere disponibili ad accogliere le osservazioni critiche come aiuto costruttivo per migliorare i propri comportamenti (ogni credente ha sempre biogno di conversione), senza assumere automaticamente degli atteggiamenti di difesa o di rivalsa.

Cercare con perseveranza il terreno comune per capirci e per lavorare insieme per il bene della comunità.

Rispettare la libertà di coscienza. L’adesione religiosa che non può che essere una libera scelta individuale. È Dio che guida alla sua luce chi egli vuole (sura XXIV, 36). La libertà di coscienza è un valore che noi cristiani d’Occidente abbiamo acquisito faticosamente nel corso di secoli che hanno purtroppo visto cristiani combattere contro cristiani in lotte e guerre fratricide. Ora tutto questo è fortunatamente superato e la libertà di religione è per tutti i cristiani un valore irrinunciabile. Sappiamo anche che esso non fa parte dell’esperienza storica di molti paesi islamici, ma che è uno dei temi importanti di riflessione per molti musulmani che vivono in Europa.

Desideriamo ancora dire a voi amici musulmani immigrati che crediamo di percepire le difficoltà della vostra vita qui, difficoltà di ordine pratico e di ordine culturale che molti di voi affrontano con grande coraggio e che dovrete aiutarci a capire. Difficoltà che noi italiani, in quanto popolo di emigranti, abbiamo conosciuto nel passato e purtroppo ora qualcuno tende a dimenticare. Siamo consapevoli della fatica e delle ansie legate all’aver lasciato consuetudini, ambienti di vita, affetti per affrontare una realtà nuova, sconosciuta e a volte ostile.

L’accoglienza dello straniero non è per il cristiano una scelta facoltativa, ma un obbligo morale, e quindi vi assicuriamo che continueremo ad impegnarci nelle strutture della società perché operino per facilitare la vostra integrazione nel rispetto della vostra identità culturale e religiosa.

Noi e voi viviamo insieme in una società complessa piena di contraddizioni, dove si susseguono avvenimenti drammatici e violenti che a volte sembrano mossi da forze di male invincibili e incontrastabili e dove è possibile cedere alla tentazione di individuare un capro espiatorio. In questo quadro i credenti di ogni religione hanno una grande responsabilità ed un grande compito da svolgere, quello di essere testimoni e umili artigiani di un’altra modalità di vivere fondata sui valori del rispetto reciproco, della cooperazione, della fraternità, della promozione umana e della pace.

Iniziamo insieme, amici musulmani di Torino, quest’opera di costruzione in collaborazione con i credenti di tutte le religioni e con tutti gli uomini e le donne che condividono queste aspirazioni.

Maria Adele Roggero


 
 
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