Editoriale |
Andreotti è stato condannato dalla Corte d’assise d’appello a 24 anni come mandante dell’omicidio del giornalista Pecorelli che secondo l’accusa lo ricattava, eseguito da sicari mafiosi ignoti. Le massime autorità civili e religiose e molti parlamentari di quasi tutti i partiti hanno subito manifestato sorpresa, sconcerto, indignazione, rifiuto della sentenza. Anche molti cittadini sono rimasti stupiti e increduli. Tutto questo non ci stupisce perché Andreotti ha ancora molti amici, soprattutto in Forza Italia, partito che ha raccolto, in particolare in Sicilia, l’eredità (non certo la migliore) della Dc e in Vaticano, di cui è sempre stato il referente privilegiato nella Dc. Il suo comportamento nel primo processo è stato esemplare per compostezza, moderazione e rispetto. E i suoi libri, i suoi articoli e gli interventi in televisione, così arguti, equilibrati, pieni di saggezza e cultura, ne hanno accresciuto presso il pubblico la familiarità e la stima. Molti si chiedono: possibile che ci si trovi di fronte a una personalità così doppia e ben mistificata? Noi vogliamo distinguere il giudizio politico da quello penale. Che la Dc abbia usato la mafia in Sicilia e la camorra in Campania in funzione anticomunista è storicamente provato (del resto la stessa cosa avevano fatto gli americani in funzione antifascista). In particolare la corrente andreottiana in Sicilia con Lima, Ciancimino, i fratelli Salvo, ecc. era la referente politica dalla mafia: anche questo è ampiamente provato. Che ciò abbia portato all’inquinamento della vita politica italiana, al rafforzamento della mafia, alla stagione di omicidi di politici, giudici, forze dell’ordine e cittadini comuni che tentavano di contrastarne il potere, è certo. E infine che tutto questo abbia reso ancora più difficile lo sviluppo dell’economia meridionale è molto probabile. L’unica giustificazione storica che i democristiani possono dare per questa loro scelta è che così hanno evitato il passaggio dell’Italia nel campo comunista con le tragiche conseguenze immaginabili o, più probabilmente, la guerra civile. Ma per un cristiano il fine non dovrebbe mai giustificare i mezzi, neanche in politica. Dal punto di vista politico, quindi, la classe dirigente democristiana e in particolare Andreotti sono sicuramente corresponsabili per il rafforzamento della mafia e per i suoi crimini. Ma Andreotti è anche responsabile penalmente per l’omicidio di Pecorelli? Cioè l’ordine di uccidere il giornalista è partito da lui? La Corte d’assise di 1° grado ha giudicato insufficienti le prove a suo carico e lo ha assolto, ora la Corte d’appello lo ha condannato. Attendiamo ancora, prima di dare un giudizio completo, la sentenza definitiva della Cassazione. [ ] |