CONVEGNO DI RIVISTE A ERBA |
Il futuro delle religioni |
Nell’Eremo di S. Salvatore, presso Erba (Milano), dal 22 al 24 novembre si è svolto un convegno tra più di venti redattori rappresentanti di una dozzina di riviste, sia cristiane sia ebraiche, in qualche modo simili alla nostra: «Adista», «Cem Mondialità», «Confronti», «Dialoghi», «il Gallo», «Keshet», «il margine», «Preti Operai», «Qol», «Sefer» e «Tempi di fraternità». Il loro carattere comune è di essere voci libere nelle religioni impegnate nel mondo. Interessa a queste riviste lo sviluppo delle più preziose tradizioni spirituali dell’umanità, ma anche smascherare i falsi miti che riducono la persona umana a oggetto e funzione. I redattori, tra cui cattolici, protestanti, ebrei e anche musulmani, hanno lavorato sulla base di una relazione del giornalista Paolo Naso, direttore di «Confronti» (di cui pubblichiamo qui una sintesi dagli appunti), e del teologo Armido Rizzi. Quest’ultimo, trattando «La crisi antropologica della modernità», ha indicato nella «liberazione del desiderio» il carattere distintivo dell’etica post-moderna. In questo clima morale troviamo un «individuo dal desiderio sovrano», una società della gratificazione istantanea che le tecnologie hanno reso possibile e una idea di democrazia come spazio dei desideri col solo limite di non fare danno ad altri. Ma con il crescere dei desideri crescono gli scontri tra i desideri. Le riviste hanno preso accordi concreti, aperti ad altri fogli simili, per collaborazioni su temi comuni. Dio ha molte facce, anche inquietanti. Un quinto degli statunitensi ha letto una collana di thriller teologico-politici, Gli esclusi, che annuncia una immane guerra tra un «esercito romano» e un «esercito dell’est», insomma i Buoni e i Cattivi, che è la premessa del ritorno del Messia, quando si convertiranno anche tutti gli ebrei, sicché bisogna pregare per la guerra! Altra faccia di Dio: Jack Lang, espressione della cultura laicista francese, intende introdurre nella scuola lo studio del fatto religioso, perché le religioni possono contribuire al futuro dell’umanità. Alcune successive interpretazioni del ruolo delle religioni: nel 1991 usciva La rivincita di Dio, di Kepel, dopo che in Iran aveva trionfato la rivoluzione guidata da capi religiosi, dopo che Reagan vinceva in Usa appoggiato dai telepredicatori. Negli anni ’80 sorgono i fondamentalismi. Perché? È comparsa l’Aids, nuova peste, punizione di Dio. La modernità si rivela contraddittoria. Preoccupa la criminalità. L’ideologia dello sviluppo finisce. Cresce il femminismo. Comincia l’angoscia della globalizzazione. La comunicazione di massa impone i suoi modelli. Il risultato è di smarrimento, crisi di senso. Ecco la soluzione: tornare alla religione tradizionale, popolare e familiare, una religione ben definita, non ecumenismo ma fondamentalismo. In tutte le religioni avviene questa svolta, anche le più laiche, come l’ebraismo italiano e il protestantesimo sia internazionale che italiano. Nel cattolicesimo si chiudono alcune delle troppe porte che il Concilio ha aperto. L’identità religiosa si radicalizza, da teologico il fondamentalismo diventa militante: la fede diversa va eliminata. L’islam fondamentalista avversa l’islam moderato più ancora che l’Occidente. Negli anni ’90 compaiono religioni armate: libro e spada. Almeno metà dei 60 conflitti in corso ha dentro il fattore religioso. Dove non c’è lo si inventa: vedi la Cecenia e i Balcani. È il volto prepotente di Dio. Ma c’è un altro suo volto: quello di Korogocho, quello di chi va a lavorare per gli ultimi, quello delle chiese che in Sudafrica costruiscono il cammino di «Verità e Riconciliazione», con cui si esce dall’apartheid senza violenza. Il conflitto nell’Irlanda del Nord non è religioso, anzi le chiese danno un grande contributo di pace. In occasione del 500° della Conquista, nel 1992, anche chiese americane furono contro la logica della conquista. Nel gennaio 2001 ad Assisi, si incontrano di nuovo le religioni convocate da Giovanni Paolo II. Nel dicembre, durante la guerra in Afganistan, il Papa invita a digiunare un giorno insieme al ramadan islamico. Oggi il futuro delle religioni non è la «rivincita di Dio». In Italia pochi seguono in tutto la chiesa cattolica, molti la criticano, i più le chiedono una funzione sociale più che evangelica. Però, ci sono fenomeni come padre Pio, il successo mediatico del Papa o di altre figure ecclesiastiche. Come dice Franco Garelli, c’è la forza della religione e la debolezza della fede. Si può prevedere che, nel futuro delle religioni, ci siano radicalizzazioni non maggioritarie, una vittoria del religioso con diminuzione della fede, una pluralizzazione del sacro: compresenza di molte religioni antiche e nuove, tra le quali ci sono passaggi e nomadismo. Tre vie sono possibili in questa situazione: 1) forte identità religiosa, contro il pluralismo e contro la debolezza della fede: così si va allo scontro; 2) universalità: abbiamo strade simili; con no-mi diversi convergiamo; 3) pluralità: come dice Panikkar, Babele fu una benedizione, perché in essa Dio ruppe una pretesa totalitaria e consentì a più linguaggi, anche più religioni, nelle quali abbiamo da «amarci tra noi amando cose diverse». Così, si afferma che su ogni via la verità è sempre cercata, mai interamente posseduta, come pretende il fondamentalismo, che pone verità non negoziabili. Ogni singolo cammino, poi, è fatto sia di identità, che di universalità e pluralità. È importante confrontarsi sulla prassi di vita più che sulla identità religiosa. Ci sono dei teologi del potere, di corte. Questa sarà la nostra croce, di noi teologi di cortile! Nella discussione Bruno Segre dice che il suo problema di ebreo è l’ebraismo integralista armato, non è Mustafà El Ayubi, musulmano (redattore di «Confronti», presente al convegno). Paolo Naso aggiunge che il suo problema è il protestantesimo fondamentalista. Insomma, la lotta sarà interna alle religioni, tra forme estremiste e forme moderate. I fondamentalisti sembrano di più, perché fanno rumore. Per questo, conclude Naso, cerchiamo oggi un tono non aggressivo come vent’anni fa, ma più propositivo, più dialogico che militante, che parli al cuore. La gente, infatti, ha bisogno soprattutto di modi di stare insieme, di parlare, comunicare la fede. In Italia abbiamo il livello più basso di informazione religiosa. a cura di Enrico Peyretti |