ANNIVERSARI |
Il tempo passa, viene il tempo |
Cambia un anno ma non cambia niente. Eppure, il tempo, passando, avanza, se pensiamo che abbia un senso. Il futuro non lo vediamo, ma meditando il passato possiamo prepararlo. Gli anniversari fanno abitualmente riflettere. Nel 2003 sono 100 anni dalla nascita di Theodor Wiesengrund Adorno, critico acuto della società contemporanea. Sono 80 anni dalla riforma Gentile della scuola, nel 1923, che confermava e fissava la struttura classista della società italiana. Nello stesso anno nasceva Lorenzo Milani, che sarà il maggiore riformatore profetico della scuola italiana. Ancora, nel ’23 uscì Io e tu, di Martin Buber, il filosofo ebreo del dialogo. Il prossimo anno sono 80 anni anche dall’assassinio di don Giovanni Minzoni, e dati i tempi non sarebbe male ricordarlo: hanno persino intitolato un piazzale a Italo Balbo, mandante dell’omicidio... Sono 65 anni dalle leggi razziali fasciste, nel 1938. Il dibattito storico sulla resistenza o passività degli italiani mi pare ancora aperto. Il ’38 è anche l’anno dell’Anschluss, della Conferenza di Monaco e della «Notte dei Cristalli», vigilia della guerra mondiale. Sono 60 anni dall’8 settembre 1943: morte della patria, dice qualcuno; ma è l’inizio della risurrezione dell’Italia, che era morta nel fascismo e nel patto criminale con Hitler. Tradire un simile patto è dovere, onestà e merito morale. Fu l’inizio della Resistenza aperta, sia armata che nonviolenta, fondazione dell’Italia che è l’unica nostra, repubblicana, democratica, antifascista, pacifica per impegno costituzionale inviolabile, impegno minacciato oggi di tradimento, questo sì criminale. Il ’43 è anche l’anno dei grandi scioperi operai per la pace, nelle fabbriche del Nord, che delegittimarono il fascismo e la guerra prima degli industriali, prima dei gerarchi del Gran Consiglio, prima del re, autori questi del colpo di stato del 25 luglio, che venne solo dopo lo sbarco alleato in Sicilia. Gli scioperi del ’43 produssero quelli del ’44, ancora più poderosi e coraggiosi, addirittura sotto il dominio nazista. Altri grandi segni per la memoria, nel 1943: la morte per decapitazione, il 9 agosto, di Franz Jägerstätter, il contadino austriaco limpido obiettore di coscienza cristiano alla guerra nazista (non sarebbe male in tempi di overdose di santi reazionari – anche se noi non crediamo a questo tipo di inflazione devozionale – ritirare fuori il suo processo di canonizzazione lasciato per strada perché la curia romana ha ritenuto «pericoloso» proporre come modello di vita cristiana un obiettore di coscienza); la morte ad Auschwitz, il 30 novembre, di Etty Hillesum, la umanissima mistica e intellettuale ebrea olandese, «cuore pensante» di cui sempre più scopriamo la grandezza; la conclusione eroica e tragica della rivolta nonviolenta, morale e culturale contro il nazismo dei cinque studenti della Rosa Bianca, nell’Università di Monaco, animati dai fratelli Hans e Sophie Scholl e dal loro professore Kurt Huber: i sei furono ghigliottinati tra il febbraio e l’ottobre del ’43. È in progetto l’organizzazione di un viaggio, in estate, a St. Radegund, il paese di Jägerstätter, e all’Università di Monaco. È mezzo secolo dalla morte di Stalin, il 5 marzo 1953: sarà l’occasione per riflettere distinguendo lo stalinismo dal comunismo: il primo è l’imposizione violenta e distruttiva del secondo, idea perenne, per la quale le cose che devono restare «comuni» – per esempio oggi aria e acqua, città e foreste, grandi risorse e informazione – valgono più delle cose appropriabili. Anche se la parola comunismo suona ancora impronunciabile, il suo significato è valido, ben superiore e opposto allo stalinismo. Avevo 17 anni e proposi ad un prete di pregare per Stalin: mi disse che potevo farlo da solo, ma che la chiesa non può pregare per i suoi nemici. Vangelo del perdono? No, vangelo anticomunista! Del ’53 è pure la legge elettorale maggioritaria, detta «legge truffa» dalla sinistra di allora. Dava un premio in seggi alla coalizione che avesse raggiunto il 51% dei voti. Violava il principio del voto «uguale» (art. 48 Costituzione). Oggi abbiamo un sistema elettorale che dà una stramaggioranza a chi non ha neppure il 50%. Mi vanto di avere votato contro tutte le riforme maggioritarie. Dal 1963 sono 40 anni. Giustamente, fin dal 1° gennaio la chiesa ricorda e rilegge la Pacem in terris, l’enciclica di papa Giovanni rivolta a tutti gli uomini di buona volontà, documento cattolico sulla pace più avanzato dei testi conciliari. E poi, il 3 giugno, la morte corale del grande papa, attorniato dal popolo di ogni fede e idea: che ci faccia ritrovarne lo spirito, contro oblio e accuse orchestrate in certi settori (nonostante la beatificazione diplomatica per equilibrare Pio IX); che illumini, come fece allora, la nostra civiltà stolta, incapace di vivere la morte, mentre la moltiplica artificialmente con ingiustizia violenza e guerra. Io ricordo anche i quarant’anni della morte, in gennaio, di mio padre Emilio, umile grande maestro di fede e di giustizia, nella mia famiglia. È il 35° anniversario del ’68: un risveglio positivo, anche se la sordità frustrante dei poteri ne spinse alcune frange nella violenza, e molta parte nell’accomodamento rassegnato e nello scetticismo etico. A 25 anni dal ’78 ricordiamo il delitto Moro (dal quale Roberto Mancini vede partire il processo degenerativo antidemocratico della politica italiana: Senso e futuro della politica, Cittadella, 2002, p. 10) e la morte di Paolo VI. Di questo papa discusso (come tutti, del resto) ricorderò un episodio che ne mostra un lato poco noto. Era a Roma, prima di essere papa, per una delle riunioni preparatorie del Concilio. Incontrando alcuni amici provenienti dalla Fuci (a cui rimase sempre affezionatissimo, dagli anni ’30), riferendosi alla battuta famosa di Ottaviani sui «comunistelli di sacrestia», disse che in realtà c’erano anche dei «fascistoni di sacrestia». L’ 11 settembre c’è da trent’anni, diremo ricordando il giorno del violentissimo golpe promosso nel ’73 dagli Usa e in particolare da Kissinger (ora a capo dell’inchiesta sull’11 settembre del 2001) contro il legittimo presidente del Cile, Salvador Allende. A 10 anni dalla morte, Laura Conti, scienziata appassionata e preoccupata, di nuovo ci ammonirà sul rischio ecologico. Ugualmente nel decimo anniversario in dicembre ricorderemo Elio Taretto, fondatore del mensile confratello «Tempi di fraternità». Queste e altre ricorrenze significative ci insegnino a «contare i nostri giorni per arrivare alla sapienza del cuore» (salmo 90). Enrico Peyretti |