DOPO I FATTI IN NIGERIA |
Nessuna violenza in nome della religione |
Abbiamo intervistato M.A. Roggero a proposito del massacro di duecento persone in Nigeria come reazione islamica all’esibizione di donne nel concorso di Miss Mondo. Come vedi questo fatto tremendo? Bisogna aiutare le persone a non cadere nella trappola di fare di tutt’erba un fascio. Già lo fanno tutti i giornali e giornalisti. Quando in Ruanda-Burundi alcuni anni fa si verificarono quei massacri che videro cristiani contro cristiani uccidersi a colpi di machete a nessuno venne in mente di gridare al fanatismo cristiano! Ci sono aspetti ignorati o trascurati che possono far comprendere e valutare meglio questi dolorosi fatti? Leggendo alcuni articoli di questi giorni si vede che la Nigeria è una confederazione di stati che sono tuttora in lotta fra di loro per l’indipendenza e la supremazia gli uni nei confronti degli altri e, come sempre accade, la religione viene strumentalizzata per scopi diversi. Testimonianze di vescovi e missionari cristiani che vivono in Nigeria, nonché di personalità nigeriane ci dicono che nella vita quotidiana cristiani e musulmani convivono pacificamente, che quei massacri hanno un’origine poco chiara e che il fatto dell’elezione di Miss Mondo è stato un pretesto usato per scopi per ora non ben chiariti. Gli ammazzamenti e le distruzioni sono avvenuti tra l’altro da parte sia musulmana che cristiana. La fatwa contro la giornalista è stata sconfessata dal governo centrale, che pure è un governo islamico. Ma tra le cause di simili fatti, quanto ha a che fare l’islam in quanto tale? Il problema è che l’islam è una religione diffusa per la maggior parte in paesi del terzo e quarto mondo, dove ragioni politiche ed economiche creano situazioni di reale ingiustizia sociale. È facile in questi contesti che la religione venga usata per accendere la miccia di guerre e guerriglie. E poi c’è indubbiamente il fatto che la religione islamica in quanto tale non prende le distanze dall’impegno politico, anzi è vissuta da chi la pratica come una via in cui rapporto con Dio e con la città dell’uomo sono un tutt’uno. Quale credi che sia il giusto comportamento nostro, di cristiani occidentali, di fronte a questi fatti? Personalmente ritengo che in quanto figli dell’illuminismo e cristiani d’Occidente non dobbiamo perdere occasione per denunciare a gran voce ogni strumentalizzazione della religione, per testimoniare che nessuna religione può farsi le sue ragioni con la violenza, che per nessun motivo le religioni possono imporre delle leggi alla società civile, per gridare all’inalienabile valore della libertà di coscienza, che nessuna violenza può utilizzare il nome della religione. Bisogna gridare che nessuna legge religiosa può condannare a morte qualcuno, ma nello stesso tempo sottolineare sempre che quando ciò avviene non è tutto l’islam (o eventualmente un’altra religione) che agisce in questo modo ma solo quel determinato regime, in quella determinata situazione, che deve essere letta in tutte le sue dimensioni. Dobbiamo imparare tutti a non parlare più di islam o di cristianesimo o di buddismo, ma di cristiani europei o americani o sud americani, musulmani europei o maghrebini o pakistani o americani, buddisti italiani o tibetani, ecc. Nei confronti dei musulmani che sono tra noi, come possiamo comportarci ed agire? Una grande azione di pacificazione che possiamo fare è quella di aiutare la gente a capire che quando incontro un musulmano immigrato dal Maghreb che vive qui da cinque anni non posso attribuirgli immediatamente la responsabilità delle azioni terroristiche di Bin Laden, così come io non vorrei che mi fossero attribuite le connivenze con il potere politico di alcuni vescovi sudamericani. I musulmani europei stanno facendo un lavoro di revisione della loro identità religiosa alla luce del loro vivere qui in paesi laici e secolarizzati. Perché sui nostri giornali tutto questo non emerge mai? [ ] |