Angoscia dell'impero

«In generale, la reazione più probabile [all’angoscia da impotenza] è quella di cercare un riscatto nella potenza facendone un idolo, venerato in qualcuna delle sue molteplici forme (potenza fisica, militare, politica, economica, religiosa, ecc.). Ma, a sua volta, la potenza, che si esplica essenzialmente nella capacità di prendere e realizzare decisioni sacrificali a carico degli altri, non ammette la libertà, l’incontro con l’altro, con il bene o con la verità, perché, nella sua essenza, è la coazione a dominare.

Per la potenza ogni alterità è solo un oggetto di dominio. Ma quelli che derivano dalla potenza sono atti di angoscia, non di libertà. Atti proiettivi e in qualche modo deliranti, incapaci di riconoscere la realtà.

Anche per questo la potenza non può contare, a ben vedere, sulla durata temporale di cui sono capaci le scelte. Per quanto s’impongano in un dato periodo, gli imperi, che sono la forma eminente della potenza storica, sono tutti accomunati dall’assoggettamento a una legge inesorabile: gli imperi crollano. La potenza manifesta, prima o poi, la radice non elaborata di impotenza da cui proviene. È fragilità ripudiata e tramutata in arroganza».

Roberto Mancini, Il silenzio, via verso la vita, Qiqaion, Bose 2002, p. 148.


 
[ Indice] [ Sommario ] [ Archivio ] [ Pagina principale ]