LETTERE |
Armi giocattolo |
Caro Enrico, non è la prima volta che succede che un poliziotto-bambino usi in modo sconsiderato la sua arma. Una mia amica che lavora in una scuola di polizia mi raccontava che, alla fine di ogni corso, bisognava sostituire interamente porte e suppellettili, distrutte dai neo-poliziotti. Qui al Sud l’arruolamento in polizia (o nell’esercito) è una delle poche vie d’uscita dalla disoccupazione (io stesso vinsi il concorso in polizia, a diciott’anni); una delle poche alternative all’emigrazione. Ed è inevitabile che il giovane poliziotto porti nel suo lavoro le frustrazioni accumulate crescendo ai margini, e sia tentato di sfogarle nel modo peggiore. Ma il problema vero è quello delle periferie, come ha giustamente detto quel sacerdote ai funerali del ragazzino. Qui al Sud le periferie povere sono un vero inferno. A Foggia ultima città italiana per qualità della vita, secondo le classifiche del «Sole-24 Ore», vi sono ragazzotti che si divertono incendiando le auto, in un contesto di degrado difficilmente immaginabile per chi non lo vive. Ecco, mentre ti scrivo il telegiornale locale mi informa che noi siamo ai primi posti per l’acquisto di beni superflui. È vero. Foggia è una delle città più povere d’Italia, ma nessuno è privo di telefono cellulare. E c’è chi vive in palazzi occupati abusivamente, privi di acqua e luce, davanti ai quali parcheggia la sua automobile di lusso... Antonio Vigilante Dopo la tragedia di Napoli del tredicenne ucciso da un poliziotto diciannovenne, ho scritto una lettera aperta ad alcuni parlamentari perché occorre anzitutto legiferare sulle armi giocattolo: devono somigliare il meno possibile alle armi vere; non basta il tappo rosso, asportabile, come è avvenuto: tutto il giocattolo deve essere rosso. La legge non deve tutelare le industrie insane, né i clienti insani: la sola detenzione di un’arma giocattolo che possa essere confusa con un’arma vera sia reato punito dalla legge. Ci sono leggi sui giocattoli pericolosi? Nessun giocattolo è più pericoloso delle attuali armi giocattolo, come si è visto. Il principio è questo: la minaccia con arma finta terrorizza come l’arma vera, perché incute lo stesso terrore di morte, perciò è violenza uguale alla minaccia con arma vera; come ogni violenza può generare altra violenza. In secondo luogo, un ventenne è certamente immaturo per l’uso legale, come forza pubblica, delle armi vere. Lo si è visto anche a Genova nel caso di Placanica verso Carlo Giuliani, come in altri precedenti casi. I nuovi poliziotti potranno essere armati solo dopo lunga istruzione, anche psicologica e morale, e lungo tirocinio in servizi disarmati. Durante questo tempo avranno occasione di conoscere da vicino anche i casi più difficili che possono verificarsi nel servizio armato, e dovranno avere momenti di riflessione obbligatoria, guidata da istruttori ed educatori, anche in forma di dibattito dialettico, sugli aspetti morali di tali casi. Si stabilisca dunque un periodo sufficiente di preparazione e di esperienza disarmata, e una età minima, per esempio i 25 anni, età richiesta per votare per il Senato, prima di essere dotati di un’arma. La società che affida agli agenti dell’ordine pubblico armi capaci di uccidere deve esigere, attraverso i legislatori eletti, il massimo di garanzia psicologica, morale e professionale, che l’uso di tali armi sia limitato allo strettissimo assolutamente necessario, e che detti agenti siano scrupolosamente selezionati sulla base di una personalità predisposta e poi anche accuratamente educata – a un livello decisamente superiore alla media della popolazione disarmata – all’autocontrollo delle proprie emozioni, alla massima saldezza di nervi nelle situazioni di pericolo, alla massima tutela della vita del delinquente attuale o potenziale, al disprezzo e orrore della violenza propria quanto di quella altrui. La forza è l’opposto della violenza. Enrico Peyretti |