TELEVISIONE |
Il vangelo di Benigni |
Tale è stato il suo lungo spettacolo natalizio del 23 dicembre. Vangelo quando ha fatto il comico, il satirico politico, il ballerino e cantante, il lodatore dell’amore e del sesso, il poeta della bellezza, il cantore delle donne, il credente non timido, il teologo essenziale, il mistico («Noi siamo Dio», ha detto, come alcuni dei grandi veri mistici). Un messaggio di gioia, cantato col suo ballo pinocchiesco, con lo scherzo allegro e frizzante, con le dichiarazioni d’amore, con le risate cordiali, con la lettura seria e lietamente meditata del canto XXXIII del Paradiso. Forse mai, forse solo con Gassman, Dante è comparso così degnamente e così a lungo in televisione. Neppure a scuola, alla grandissima parte degli studenti è mai stato spiegato così bene e chiaramente quel culmine del “poema sacro”, per lo più trascurato. Benigni, commosso, l’ha anche recitato tutto a memoria, come sapevano fare i nostri bisnonni. Rispetto all’esibizione di Sanremo, questa è enormemente migliore, priva delle grossolanità testicolari che allora stridevano con la dantesca preghiera a Maria, che risultava giustapposta. Oggi invece la comica degli spermatozoi impersonati dai politici più ridicoli è passata armoniosamente nella lirica teologica di Dante. In questa parte, l’artista non ha esitato a parlare anche della Trinità, con scioltezza e spirito di infanzia evangelica, e dello Spirito santo con poetica precisione teologica. Nella prima parte, gli strali politici leggeri e sottili erano ben mirati. Il solito pubblico, inferiore allo spettacolo, elargiva applausi meccanici, uno anche fuori luogo. Nella parte di satira, Benigni ha toccato Saddam per l’aggressione al Kuwait del 1990, e solo indirettamente Bush per la micidiale minaccia di oggi. Turoldo disse una volta che il Mistero Buffo di Dario Fo è un vangelo. Un vangelo è anche questo di Benigni, popolare e fanciullesco, ma anche incantato di luce e di bellezza, ballato in piazza da un nuovo “giullare di Dio”. Facciamo pure la tara di qualche calcolo sulla novità dei temi scelti, sulla loro presa a sorpresa sul pubblico, per fare spettacolo. Restano l’intelligenza e il cuore di un artista di vero teatro leggero e serio, che dice anche cose inattuali – che cosa più inattuale di Dio? – perciò vere. Un artista che ha la dote, come in La vita è bella, di mostrare il dolce dentro l’amaro, con una grande incoraggiante fede nella vita. Ha parlato della sete di paradiso che, come il ricco epulone implorante una goccia d’acqua, ci tormenta in questo inferno che è oggi il mondo. Celando il dolore sotto il riso e i guizzi, ha parlato per consolarci, perché l’arte è anche pietà, e per aiutarci a sperare, a vivere al di sopra del sopravvivere. e.p. |