KABUL
Pasqua di guerra

L’autore di questa cruda eppure necessaria testimonianza è un medico dello staff di Emergency a Kabul

Kabul, 21 aprile 2003.

Molto tenera la Messa di Pasqua ieri all’ambasciata italiana. Questa volta la chiesa era piena, ci saranno state 80-100 persone, 3-4 militari americani e 3-4 italiani. La cosa molto strana è stata che all’inizio sono entrati 12-13 bambini con un età tra i 7 e i 12 anni che hanno fatto una specie di rappresentazione in parte recitata e molto cantata della passione. Tenerissima perché i bambini erano tutti figli di occidentali delle ambasciate, castano chiari o biondi con gli occhi chiari. Bellissimi e terribilmente contrastanti con quelli che avevo appena lasciato in ospedale. Alla fine hanno cantato una canzoncina che più o meno diceva che dove c’è un bambino c’è Gesù. Il mio pensiero è subito andato a quello che abbiamo operato il giorno prima.

Alle 18 ci hanno chiamato per un bambino finito su una mina. Siamo corsi in Pronto Soccorso. Il bambino aveva 14 anni circa, l’incidente era avvenuto fuori Kabul, per cui era già stato medicato da una della nostre Fap, le infermiere periferiche, era scioccato e semincosciente perché aveva perso molto sangue. In particolare aveva una gamba tutta bendata con una voluminosa stecca. Nell’altra gamba non c’era più il piede, una medicazione avvolgeva il moncone della gamba sotto il ginocchio, la mano era nera, annerita e ferita dall’esplosione ma non mutilata.

L’abbiamo portato subito in camera operatoria. Io e Ben ci siamo lavati per l’intervento. Messo sul tavolo gli infermieri hanno iniziato a sbendarlo così da poter capire le ferite. La visione è stata durissima, persino Ben che pure ha 15 anni di medico di guerra alla spalle non riusciva che a ripetere «Jesus!» man mano che gli toglievano le bende. La gamba che doveva aver pestato la mina e che non aveva più il piede non aveva anche più tutta la pelle della faccia posteriore: dal polpaccio sino al sedere, si vedevano solo più i muscoli anneriti, distrutti e bruciati. Poi hanno sbendato l’altra gamba... purtroppo il piede l’unica cosa intera perché poi dalla caviglia al gluteo c’era solo un ammasso di carne ed ossa informi, direi che il crudo termine potrebbe essere «maciullata». Per concludere aveva lo scroto completamente aperto, uno dei testicoli penzolava trattenuto da poche strutture, l’altro era un uovo viola, anche il pene non era più ricoperto dalla pelle... Ovviamente è stato amputato ad entrambe le gambe, una l’ha fatta Ben, l’altra io. Asportati anche i due malridotti testicoli, cercato di salvare il pene. Le amputazioni sono state molto alte nella coscia, ciò che colpisce è che però, in entrambe le cosce rimaste, manca totalmente la pelle e gran parte dei muscoli del gluteo che erano stati bruciati. In questi casi si fa solo l’amputazione ed il debriment cioè, fatta l’amputazione ed asportati i muscoli dei glutei, non si chiudono le ferite, ma si lasciano aperte solo coperte da medicazione, questo per evitare una sicura infezione e per permettere ai tessuti di granuleggiare. Poi dopo 5 giorni si riporta in sala operatoria per verificare la ferita, se è possibile si chiudono i monconi delle amputazioni e le ferite cutanee, altrimenti si fa ancora una pulizia dei tessuti non sani; questo sino a quando non si riesce a chiudere tutto. Se, come in questo caso, non è possibile chiudere la pelle sulle ferite troppo ampie si fanno degli innesti di cute, gli skin graf. Ovviamente il bambino è stato anche trasfuso più volte.

Ecco perché ho pensato a lui quando quegli altri bambini biondi e belli, hanno cantato quelle parole... Comunque questa mattina di Pasqua era vivo ed in buone condizioni generali, non oso pensare alle condizioni psicologiche.

Si deve sapere che ci sono persone che studiano come costruire ordigni sempre più letali e devastanti, sempre più infidi e spaventosamente efficaci che spesso poi uccidono i civili e non i soldati. Si deve sapere che questo non è umano! Non si può chiudere l’argomento dicendo che questa è la legge del mercato, del commercio, la legge per cui se il mercato richiede certe armi ci deve anche essere chi gliele costruisce.

Marco Cafferati 
 


 
 
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