TORINO CALCIO |
Una religione sportiva |
La giornata dell’orgoglio granata svoltasi domenica 4 maggio, data della scomparsa del Grande Torino, giustifica alcune brevi considerazioni sulla connotazione intrinsecamente religiosa di questa squadra. Non si offendano i credenti delle religioni “serie”, se si sostiene che l’essenza del tifo torinista si struttura come una vera e propria fede. In una cultura sportiva come l’attuale, che pare affondare ossessivamente le radici nel presente, bruciare ogni residuo di passione nell’idolatria dell’ultimo campione apparso, i sostenitori del Torino si distinguono come coloro che pongono la memoria al centro della propria visione calcistica. Essere del Toro (posto che lo si sia davvero, cosa che ovviamente non vale per i vari teppisti da stadio infestanti ogni squadra di calcio) significa innanzi tutto votarsi al culto del ricordo. In questo ricordo si rievoca continuamente una squadra straordinaria morta tragicamente e della quale ci si attende, contro ogni realistica evidenza, una nuova apparizione. Memoria del passato – celebrata solennemente ogni anno da un rito che commemora la scomparsa di quei giocatori quasi imbattibili – e speranza nel futuro sono dunque i due cardini di questo credo sportivo. Una simile fede, come spesso le fedi, può apparire risibile a quanti si trovino a considerarla unicamente dall’esterno, ma è grazie a questo filo invisibile di memoria che il tifoso del Torino percepisce l’intera storia della propria squadra, dalla fondazione sino ad oggi, come un tutto organico che continua a vivere ed al quale va resa testimonianza. Massimiliano Fortuna |