NÉ GIOCO NÉ SPORT |
Il calcio fa skyfo |
Contro il calcio – inteso come gioco – non ho proprio nulla, anzi. Ho cominciato a correre dietro al pallone a pochi anni e ancora adesso non disdegno la partitella scapoli-ammogliati nel campetto fangoso. Apprezzo l’estetica sportiva, l’eleganza del gesto, la precisione delle traiettorie, la fantasia, la sorpresa nelle soluzioni, ecc. Di solito le cose che apprezzo le fanno gli altri. Io ho sempre cercato di compensare i piedi con le gambe: non riuscendo a mandare la palla dove avrei voluto, ho sempre corso tanto. Ora non faccio neanche quello, ma mi diverto ancora. Il valore sociale-socializzante del calcio non lo devo comprendere perché ci sono nato dentro. Quando ero piccolo, si viveva in strada e di pallone, tanto che le gerarchie del mio cortile, e poi in scala maggiore del quartiere (microglobalizzazione), erano dettate dalle abilità calcistiche. Ancora oggi constato come sapere quattro cose essenziali del calcio di serie A o della nazionale consente di sostenere o iniziare la conversazione con almeno il 70% della popolazione maschile italiana. Utilissimo a scuola o per mettere a loro agio ragazzini potenzialmente in soggezione. Il mio tifo interista suscita poi universale sim-patia o com-passione. Mediamente in un anno passo anche 2-3 serate in compagnia con amici e bionde (Peroni) a vedere partite di calcio. Ma sono intollerante verso alcuni aspetti del calcio che non sono né ludici né sportivi. La mostruosità del fenomeno è incarnata dal presidente del Milan. E non a caso il mostro calcistico ha molteplici aspetti terrificanti sul versante politico, economico-finanziario, giuridico, culturale e della comunicazione, della salute, dell’ordine pubblico. Ce ne sarebbe per preoccupare quasi tutti i ministeri della Repubblica. Invece si tollera tutto, tutto si giustifica – tanto è un gioco, e poi gli italiani ne hanno bisogno – per continuare a spremere denaro sempre più sporco. Ormai «il calcio fa skyfo» dicono i tifosi, costretti a pagare Murdoch il Moloch. A peggiorare il quadro, poi, il fatto che tra i due mondi che ho descritto c’è sempre meno distinzione perché il secondo spietato si sta fagocitando il primo naiv. Certo, esistono il Chievo e le squadre africane, ma è anche vero che a giugno la finale del torneo della mia scuola stava finendo in rissa. Anni fa facevo il volontario in ambulanza e la domenica mi capitava di passarla al campo comunale dove giocavano squadre di ragazzini di 10-14 anni. 22 ragazzini correvano in campo e una ventina di padri sugli spalti insultavano ferocemente per 90’ arbitro e bambini avversari per difendere i diritti dei loro figli. Bello, no? Claudio Belloni |