GIOVANI |
Il popolo dei motorini |
Passando per caso davanti alla chiesa, mi colpisce una vera piccola folla di giovani ben identificabili: magliette, molte quelle nere con simboli e scritte che noi non capiamo, capelli e berretti di quel tipo che sapete. Sono i ragazzi dei motorini. Chiedo ad uno di loro chi è il morto, mi informa a denti stretti: un ragazzo, in motorino. Una ragazza abbraccia piangendo un compagno. Entro in chiesa dalla porta laterale. È piena di giovani come quelli fuori. La bara è bianca, ma grande, da adulto. La messa sta finendo. Il primo dei quattro concelebranti si rivolge ai genitori, ma nei primi banchi ci sono solo ragazzi. Torno fuori. Ciò che colpisce è il silenzio di questi giovani di natura rumorosa. Quando la bara sta per uscire viene un applauso dall’interno, ma fuori soltanto silenzio.
A Torino il motorino è per chi vuole scattare via rombando quanto può, e non ha i soldi né per la macchina né per la moto, o comunque lo preferisce. Non è come Roma, dove anche sindaco e dirigenti ben vestiti usano il motorino, unica possibilità per muoversi davvero, né come le città emiliane, biciclettabili da tutti. La norma da noi è la macchina. Siamo o no la capitale, benché in crisi fatale, dell’auto? Il motorino è la macchina proletaria, il primo scalino nel mondo obbligatorio dei motori. La bici è chic, di sinistra, ecologista, dimostra di aver capito quel che non può capire il volgo, preda della pubblicità. I mezzi pubblici, sì, ma c’è da aspettare, il biglietto (o la multa) costa (di più la benzina, ma una volta fatto il pieno sembra di viaggiare gratis). Che sul tram si possa leggere un libro, viene in mente a pochi. Il motorino è giovane, guizza via, fa rumore, salta sul marciapiedi, si parcheggia facile. Casco (assai di meno) o non casco, si muore anche. Si sapeva, ma non si sapeva. Questi ragazzi sapevano e non sapevano. Per un giorno, vedono la morte, l’estranea alla loro forza ed età. L’intrusa, che traversa la strada. Non hanno parole. Quelle della chiesa, almeno per questi rimasti fuori, sono scontate, o straniere, non rispondono. Non aver parole è la massima povertà. Il proletariato dello spirito. Ma vedere la morte farà cercare le parole, lungo tutta la vita. e.p. |