La casa violata

Immagini del Tg3 di venerdì 24 ottobre: soldati Usa hanno devastato una casa irakena dove si trovavano solo donne. Sul pavimento pagine strappate del Corano, massima offesa. Tutti i mobili e gli oggetti della casa sono sfasciati. Hanno arrestato le mogli di uomini ricercati come terroristi, non trovati in casa, violazione del principio giuridico universale della responsabilità personale.

Quando la guerra statale, impersonale, collettiva, diventa offesa e violenza personale, diretta, corpo a corpo, il male si fa più profondo. Il bombardamento uccide e rovina. Le case bombardate e bruciate esibiscono occhiaie di teschi vuoti. Ma la violenza personale, la violazione dei corpi, dei volti e delle case abitate, è odio diretto, offesa personalizzata, seme di lungo odio.

Le donne di quella casa, intervistate dal tg si dicono contente della cacciata di Saddam, ma ora sono state offese più dagli americani che da Saddam. Questo male sarà tramandato per generazioni in quella famiglia e nella società ad essa prossima. Diventerà una memoria fondativa per i bambini e ragazzi della casa.

Fatti simili avvengono quotidianamente dovunque c’è dominio e occupazione. I soldati sono spinti all’odio, alla prevaricazione, all’abuso perché sono impauriti e minacciati dalla loro stessa invasione, dal loro stesso disprezzo e razzismo. L’ospite e l’amico non hanno paura di entrare in una casa che li accoglie. La violenza terrorizza e distrugge anche – o di più – chi la usa.

Per fare quello che fanno, i soldati di ogni invasione devono essere stati drogati, resi malati, infetti da violenza, ridotti a strumenti di una potenza folle, derubati della loro coscienza. Sono vittime quasi più delle loro vittime, che spesso dimostrano una dignità grande.

Altro che ricostruzione e “paesi donatori”! Quel che c’è da ricostruire non costa miliardi di dollari, ma molto di meno e molto di più. Liberare le persone, le politiche, le culture dalla loro violenza è molto ma molto di più che liberare un paese da un dittatore. Costruire la nostra umanità solidale, costruire il rispetto totale della dignità di tutti, è molto ma molto di più che ricostruire strutture, strade o grattacieli. I potenti sono distruttori. I ricostruttori, con ogni probabilità, li troviamo soprattutto tra chi ha sofferto violenza, tra quanti, come Etty Hillesum davanti alla ferocia nazista, hanno trasformato il dolore in forza.

Enrico Peyretti



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