CINQUE LIBRI SULLA BIBBIA |
Nel fiume della Parola |
Dell’omosessualità la Bibbia poco sa e meno dice Che la Torah punisca con la morte l’unione tra maschi, insieme ai comportamenti sessuali che minano la solidità del clan familiare (adulterio, relazioni con la matrigna e con gli altri parenti), non meraviglia (Lv 18-20). Così come non stupisce che Paolo riprenda, spiritualizzandola, tale condanna, e consideri il comportamento omosessuale indice della corruzione umana, conseguenza della caduta dell’uomo nell’idolatria, e tale da escluderlo dal Regno (ICor 6,9; Rm 1,26-32). La Torah e Paolo subiscono, seppure in tempi e modi diversi, l’influsso della visione maschilista e patriarcale della società e della cultura mediorientale ad essi contemporanea. Ma la Torah e Paolo mostrano, in proprio, di saperne poco dell’omosessualità e di avere per questo tema ben scarso interesse. Mai, infatti, nell’Antico e nel Nuovo Testamento l’amore tra uomini, e ancor meno quello tra donne, è specificamente trattato per mezzo di un’esemplificazione narrativa appropriata, di una parabola o di una riflessione sapienziale. L’omicidio, il furto, l’adulterio, la prostituzione, l’incesto hanno i loro eroi più o meno negativi, presi a soggetto di un episodio illustrativo della dinamica del peccato e della sua punizione o perdono. L’atto omosessuale no. Tanto che la tradizione post-biblica ha sentito il bisogno di riadattare al caso un racconto, nato per altri fini e teso ad un altro scopo, e ha inventato per gli abitanti di Sodoma la qualifica di «sodomiti» («usi a rapporti sessuali anali»), mentre questi erano in verità soprattutto dei violenti, mossi ad abusare sessualmente degli ospiti celesti di Lot, non dalla ricerca del piacere erotico, ma dal gusto della sopraffazione. Vale a dire che erano più leghisti o forzenuovisti che gay, come mostra bene l’episodio parallelo dei Beniaminiti, che pretendono di inculare un Levita di passaggio, ma si «accontentano» di violentarne a morte la concubina (Gdc 19). Che ha da dire, allora, la Bibbia sull’etica della sessualità e in particolare sull’accettabilità o meno dell’omosessualità maschile e femminile? Non molto, se si cercano in essa i fondamenti di un’etica naturale e di una legislazione civile. Molto, invece, se la si interroga sul mistero della misericordia salvifica di Dio, che coinvolge la sessualità in tutte le sue dimensioni. È quanto bene dimostrano i sei studi raccolti in questo piccolo volume che tocca tanto il versante esegetico, quanto quello storico, sociologico e pastorale del problema. • Bibbia e omosessualità, Claudiana, Torino, 2002, pp. 174. Gesù tra storia e teologia Da quando la storia è diventata una scienza critica, non sono mai mancati gli autori che fanno di Gesù Cristo un personaggio mitico, costruito dall’umano bisogno di un modello ideale cui ispirarsi. Hanno avuto scarsissimo seguito e giustamente. Hanno però contribuito a mettere in luce la portata straordinaria e inaudita di questa figura fondamentale per la storia e per la cultura umana ed essenziale per la ricerca di una religiosità sempre più pura e libera. Anche chi non guarda a Gesù in un’ottica di fede coglie in lui nei modi della sua presenza nella storia, nei suoi atti e nelle sue parole qualcosa che lo interpella e lo invita a scelte decisive. In Gesù ci viene incontro il mistero dell’uomo e questo ne fa un enigma che la testimonianza teologica dei vangeli non nasconde e non inquina, ma propone all’attenzione di tutti, consentendoci di vedere al di là del Gesù della fede (Gesù il Cristo, Figlio di Dio e Salvatore), il Gesù della storia: l’uomo Gesù, annunciatore del Regno, forse profeta o forse Messia, guaritore, rabbi pieno di saggezza e di umanità, giusto perseguitato, tradito dai suoi, respinto dai capi religiosi del popolo, crocefisso come uno schiavo ribelle dai Romani, sepolto, ma proclamato «Risorto». Per incontrare Gesù nei testi che ne parlano, non bisogna però oggi leggerli con gli occhi di una catechesi che tutto prendeva alla lettera come fatto storico indubitabile. Bisogna procedere con qualche avvertenza: quell’avvertenza che suggeriscono i saggi raccolti in questo libro. Partendo dalla ricostruzione dell’ambiente materiale, sociale, culturale e religioso in cui Gesù è vissuto, essi ci guidano a una nuova valorizzazione della documentazione offertaci dagli Apocrifi. Ci aggiornano sui risultati degli studi su Qumrân. Ci informano sul mondo palestinese del I secolo. Solo a questo punto passano a presentarci alcuni temi chiave del dibattito intorno a Gesù: i miracoli, le parabole, il processo, la resurrezione, il Gesù Cristo di Paolo e quello di Marco. Durante questo percorso perdiamo qualcosa. Perdiamo, ad esempio, la possibilità di leggere, con ingenuità infantile, i racconti simbolici della nascita e dell’infanzia come cronaca di eventi meravigliosi, accertati e accertabili, e perdiamo l’evidenza storica incontrovertibile di alcuni tra i miracoli più spettacolari e di qualche gustoso particolare dei racconti di apparizione del Risorto. Perdiamo qualche mal fondata certezza, ma acquistiamo in profondità esistenziale e spirituale, in capacità di leggere il linguaggio simbolico della Scrittura, in intelligenza della Parola e in apertura di cuore al mistero del Crocefisso. •Che cosa sappiamo di Gesù di Nazaret?, Elledici, Leumann (To), 2003, pp. 271. La Bibbia, una bomba culturale Il gran chiasso dell’apparato politico-culturale del mondo cattolico conservatore, della Chiesa e della destra politica a difesa delle radici cristiane europee e italiane, ha la sua cartina di tornasole nel progetto, lanciato dall’Associazione Biblia e da intellettuali credenti e no, di introdurre lo studio della Bibbia nella scuola. Non se ne è fatto e non se ne fa nulla, perché, proprio queste forze, Cei in testa, si oppongono con ogni mezzo alla sostituzione dell’ora confessionale di religione con un’ora aconfessionale di storia e letteratura religiosa. Ora le pagine qui raccolte di Salvarani sono un’appassionata illustrazione della necessità di diffondere la conoscenza della Bibbia nella scuola, mentre il saggio di Stefani è una riuscita illustrazione di un possibile percorso di utilizzazione della Bibbia come testo di formazione culturale, da affiancarsi alle altre materie scolastiche, con cui assai bene si integra. È questo il leitmotiv comune ai due testi: la Bibbia è radice di luoghi e di figure letterarie, di simboli, di temi, di valori, fonte iconografica per l’arte; sorgente di ideali sociali e politici; modello di percorsi alla libertà; invito all’avventura e stimolo verso l’ignoto; è fiume ora in piena, ora disperso in mille rigagnoli, ora fermo in celesti meandri, ora impetuosamente sonoro, ora carsico e nascosto; è vento che anima e che agita; è brezza silenziosa e leggera; è spirito che soffia dove vuole, dentro, ma anche contro e oltre i popoli e le istituzioni che nella storia a lei si richiamano. Non per nulla è parola del Trascendente e voce dell’Assolutamente Straniero, testimone del Crocefisso e dell’Espulso dal mondo. Lo dice Salvarani, col suo passare a volo sui vari temi, toccati con accenti suggestivi e con suggerimento di sviluppi pieni di interessanti e vivaci spunti di riflessione. Lo conferma Stefani col suo procedere più sistematico e didattico. È utile il testo di Salvarani per un’introduzione, rapida ma efficace, dell’insegnante al confronto con la Bibbia, per rompere la cortina di pregiudizi con cui la mediocrità della cultura media la circonda per difendersene. È utile il libro di Stefani per guidare una classe di una scuola superiore alla scoperta della Scrittura ebraica e cristiana. Si tratta, infatti, in quest’ultimo caso, di un vero e proprio manuale scolastico, costruito con metodo: presentazione della Bibbia come libro, discussione del problema dei Canoni e delle questioni relative all’esegesi e alla lettura; breve storia della sua formazione e della sua diffusione. Il tutto a preparazione di sei ampi capitoli su: creazione, liberazione, memoria e testimonianza, incontro con l’altro, ricerca della verità, poveri e umili, così articolati: enunciazione del tema, raccolta di testi, ripresa letteraria, artistica, filosofica o scientifica, riflessi storici, note bibliografiche e proposte di approfondimenti. • Brunetto Salvarani, A scuola con la Bibbia, Emi, Bologna, 2001, pp. 252. • Piero Stefani, La radice biblica, Paravia-B. Mondadori, Milano, 2003, pp. 222. In principio era la Parola La rivista «Qol», specializzata nel dialogo ebraico-cristiano, ha ormai più di venti anni e gode nel settore di stima indiscussa. Recentemente ha dedicato al midrash un bel convegno i cui atti, qui raccolti, sono indispensabili per chi voglia accostarsi al mondo della spiritualità e dell’esegesi ebraica. Molti conoscono il gusto dei nipoti di Giacobbe per l’interrogazione e per la narrazione. Famoso è l’umorismo ebraico e ancor più l’arte di scoprire in filigrana nei miti e nei sogni le trame narrative dell’esperienza vissuta. Pochi sanno che tutto ciò deriva dall’uso antico di leggere midrashicamente la Torah mosaica, la parola profetica, gli scritti dei sapienti e i detti talmudici. Il midrash, infatti, è interpretazione e interrogazione insieme. È narrazione e ricerca infinita degli infiniti sensi della rivelazione di Dio. È teologia che si fa racconto, o meglio, racconto che fa teologia. Ma il midrash non è solo questo. Non è solo parola interpretante. È anche, da sempre, parola fondante: racconto dell’origine che moltiplica le sue versioni; rivelazione del Tetragramma, non unica, ma duplice almeno; dono della Torah mai identico nella narrazione. Midrash può essere un intero testo scritturale come quello di Giona e midrashim sono i racconti della nascita e dell’infanzia di Gesù nei vangeli di Matteo e di Luca e, qualcuno dice, l’intera trama narrativa del vangelo. Chi vuole capire qualcosa della Bibbia ebraica e di quella cristiana deve entrare in questo mondo dell’interrogazione narrativa, del richiamo e del rimando simbolico, della riqualificazione e dell’aggiornamento continuo del narrare di Dio. La Scrittura non ne è la sorgente. Ne è il modello, la stratificazione canonica, che la corrente della tradizione interrogante, ricercante, interpretante e narrante porta con sé. In principio non erano «i Libri», ta biblia. In principio «era la Parola». Bene lo sanno e bene lo illustrano i saggi che compongono il volume: P. Lenhart, Grandezza e limiti del midrash; R. Fontana, Ebrei e Gentili tra storia e aggadà; M. Remaud, L’asino al servizio del Redentore; G. Anderlini, La guerra dell’amore: guerre del Signore e guerre della Torah; A. Contessa, Pinhas lo zelante, un personaggio biblico problematico nell’arte cristiana. • R. Zini (a cura di), Raccontare Dio, Aliberti, Novellara (Re), 2002, pp. 180. (pagina a cura di Aldo Bodrato) |